Il titolo dell’articolo potrà sembrare strano a molti lettori: come è possibile che due parole che indicano concetti opposti, come caldo e freddo, siano accoppiate? Eppure, questo ossimoro diventa realtà se si considera l’andamento delle temperature sul nostro pianeta.
Sappiamo che la temperatura globale sta crescendo inesorabilmente da decenni; cosa succede, però, se si divide questo riscaldamento per zone in modo da evidenziare i diversi contributi all’andamento globale? La figura sottostante mostra le anomalie di temperatura, ovvero le differenze rispetto alla media trentennale di riferimento, su diverse aree del pianeta convenzionalmente definite: Artico (curva azzurra), medie latitudini (curva verde e curva arancione), Tropici (rosso) e Antartide (curva blu). Già da questi dati è possibile farsi un’idea di come la temperatura negli ultimi decenni sia cresciuta più sulle zone artiche che in qualsiasi altra area del pianeta: si tratta di un incremento spaventosamente alto (circa 2°C in 20 anni).
Sorprendentemente, la maggior parte dei modelli che utilizziamo per effettuare simulazioni climatiche (ovvero per cercare di stimare l’andamento di parametri come temperatura ed umidità su scale decennali o centennali) sono in grado di identificare tale andamento in modo evidente. La figura sottostante mostra il riscaldamento (gradi) al variare della latitudine, ovvero muovendosi dall’Antartide fino al polo nord (i dati sono mediati longitudinalmente); si tratta di una simulazione in cui viene aumentata la concentrazione di anidride carbonica, uno dei principali gas serra, di 4 volte. L’aumento di temperatura presente oltre il circolo polare artico (66°N) è di oltre 4 volte superiore quello osservato alle medie latitudini e in Antartide.
Ma quali sono i meccanismi dietro a questo strano fenomeno, che viene definito “Amplificazione artica”?
Si tratta di una domanda a cui non è stata trovata una risposta definitiva, nonostante le ipotesi siano molte. In primis, un aumento della temperatura sulle zone artiche porterebbe ad uno scioglimento della banchisa artica e quindi ad una minore riflessione (maggiore assorbimento) della radiazione solare incidente: il ghiaccio e la neve sono, insieme alle nuvole, i maggiori riflettori della radiazione proveniente dal sole.
In secondo luogo, la maggiore disponibilità di vapore acqueo in atmosfera, grazie ad una temperatura mediamente più alta, causerebbe un aumento dell’effetto serra, dato che una quantità maggiore di radiazione viene riflessa verso la superficie. Infine, dato che il profilo delle temperature nelle zone artiche contiene spesso poderose inversioni-la temperatura aumenta salendo verso l’alto-un riscaldamento alla superficie porterebbe ad una modificazione di tale profilo e ad una diversa emissione di radiazione. In quest’ultima immagine trovate riportati i contributi di ogni effetto al riscaldamento osservato: l’effetto albedo (il primo che abbiamo descritto) sembra essere il più importante.
Località | T°C |
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Siracusa | 27° |
Catania | 26° |
Agrigento | 26° |
Latina | 25° |
Taranto | 25° |
Roma | 25° |
Ragusa | 24° |
Crotone | 24° |
Catanzaro | 24° |
Lecce | 24° |
Località | T°C |
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L'aquila | 14° |
Belluno | 15° |
Aosta | 15° |
Campobasso | 16° |
Fermo | 16° |
Biella | 16° |
Teramo | 16° |
Chieti | 16° |
Sondrio | 16° |
Macerata | 16° |