Il piccolo ma potente ciclone Numa (Figura 1), che da due giorni minaccia le zone costiere del Mar Ionio con intense raffiche di vento e piogge battenti, è stato da molti chiamato “uragano” mediterraneo. Ma è scientificamente corretta questa denominazione? In effetti, gli “uragani” mediterranei sono cicloni simil-tropicali e somigliano ai loro omonimi caraibici nell’aspetto, nei fenomeni meteorologici associati e nei meccanismi che contribuiscono alla formazione. Ci sono però importanti differenze da tenere in considerazione.
La classificazione dei cicloni in categorie è compito arduo, in quanto essi si distribuiscono con continuità in un ampio spettro di caratteristiche. Ad un estremo vi sono i cicloni extratropicali, o delle medie latitudini: questi sono molto frequenti, specialmente in Europa settentrionale e nel semestre freddo, e traggono la loro energia dalla differenza di temperatura a grande scala tra le regioni tropicali e quelle temperate. All’altro estremo vi sono i cicloni tropicali, di cui gli uragani costituiscono la frazione più intensa e distruttiva: questi cicloni si formano a latitudini minori di 30° e sono alimentati dalla differenza di temperatura tra i caldi oceani tropicali e gli strati più alti dell’atmosfera. I cicloni tropicali esibiscono un’intensa attività convettiva in tutte le loro fasi, mentre quelli extratropicali non sono necessariamente associati a fenomeni convettivi.
I cicloni mediterranei simil-tropicali, che da un decennio vengono chiamati anche Medicanes (dall’inglese Mediterranean hurricane, uragani mediterranei), si situano più o meno a metà strada tra i cicloni extratropicali e quelli tropicali. Come gli uragani, i Medicanes esibiscono talvolta un “occhio”, cioè una porzione centrale priva di nubi e relativamente secca, circondato da una regione di spessa copertura nuvolosa e intensa convezione (Figura 2). Il nucleo dei Medicanes risulta più caldo, a parità di quota, della regione circostante: come i cicloni tropicali e a differenza di quelli extratropicali, essi sono tempeste “a nucleo caldo”. Un’ulteriore somiglianza tra i Medicanes e i cicloni tropicali consiste nella distribuzione della precipitazione e del vento, simmetrica rispetto al centro della tempesta.
Vi sono tuttavia numerose differenze tra i Medicanes e gli uragani. In primo luogo, mentre questi ultimi hanno in media un diametro di 500-1000 km, i Medicanes sono molto più piccoli, con un diametro di soli 100-300 km (Figura 2). Di conseguenza, anche l’area nella quale si verificano danni consistenti risulta spesso ridotta. Inoltre, i Medicanes hanno solitamente venti di intensità compresa tra 50 e 90 km/h – il livello di una tempesta tropicale nella scala Saffir-Simpson – e raramente superano i 100 km/h; per confronto, un uragano di categoria 1 – la meno intensa della scala Saffir-Simpson – ha venti superiori ai 120 km/h. I Medicanes e gli uragani si differenziano anche nella struttura: il nucleo caldo di questi ultimi è molto spesso, con intensa convezione che raggiunge il limite della troposfera (15 km), mentre quello dei primi raramente supera i 500 hPa (5500 metri) di quota.
Ma le differenze sostanziali tra Medicanes e uragani le troviamo nella loro origine. Gli uragani si formano su regioni d’oceano con acqua più calda di 26 °C: il forte squilibrio termodinamico tra il mare caldo e l’atmosfera fredda degli alti strati (-70 °C a 15 km di quota) innesca un processo che estrae letteralmente calore dall’oceano e lo trasporta in atmosfera mediante intensi moti convettivi. Mancando una tale differenza di temperatura sul Mediterraneo, i Medicanes hanno bisogno di un altro ingrediente per svilupparsi: la presenza di una saccatura in quota con associata goccia fredda (Figura 3). Un Medicane raggiunge la sua fase matura quando la goccia fredda in quota si allinea perfettamente con il minimo di pressione al suolo: questa configurazione causa una forte instabilità che produce a sua volta intensa convezione.
In conclusione, sebbene i Medicanes siano uno dei fenomeni meteorologici di maggiore interesse e impatto che si verificano sul Mar Mediterraneo ed esibiscano una spiccata somiglianza con gli uragani, sarebbe scientificamente improprio definirli tali. Nonostante la loro natura peculiare, infatti, essi non producono necessariamente effetti più rovinosi di altri cicloni mediterranei o fenomeni di precipitazione intensa. È opportuno quindi evitare di usare termini incorretti o eccessivi, per ridurre al massimo gli allarmismi inutili.
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