Due articoli usciti da poco sulla rivista Nature e riguardanti la cosiddetta AMOC (Atlantic Meridional Overturning Circulation) non sono passati inosservati dalla stampa e hanno destato preoccupazioni sul destino della corrente atlantica globale, “madre” della Corrente del Golfo, che sembra essersi indebolita negli ultimi decenni.
L’Atlantic Meridional Overturning Circulation o AMOC, tradotta (sgraziatamente) in italiano come Capovolgimento Meridionale della Circolazione Atlantica, è il sistema di correnti che caratterizzano la circolazione marina nell’Oceano Atlantico. Questi immani nastri trasportatori di acqua si spostano lentamente ma inesorabilmente attraverso migliaia di chilometri di oceano, trasportand calore e le tante sostanze disciolte nell’acqua marina. Tra di queste, la più importante è senza dubbio il sale: la salinità dell’acqua infatti contribuisce, insieme alla sua temperatura, a determinarne il peso specifico. Più l’acqua è fredda e salina, più è pesante e tende quindi a sprofondare se circondata da acqua più leggera; viceversa, acqua calda e poco salina tende a restare a galla.
La Corrente del Golfo altro non è che una faccia della medaglia dell’AMOC, come mostrato nella figura qui sotto. L’acqua calda e salina parte dal Golfo del Messico e attraversa l’Atlantico in direzione nord-ovest, raggiungendo l’Europa nord-occidentale e mitigandone incredibilmente il clima (basti pensare che le temperature di gennaio di Londra, che si trova a 51,5 gradi di latitudine nord, sono di 5 gradi più calde di quelle di Boston, che è quasi 10 gradi di latitudine più a sud!). L’acqua calda continua poi la sua risalita fino a raggiungere una latitudine di oltre 70 gradi, a metà strada tra l’Islanda e le isole Svalbard, dove, essendosi ormai raffreddata, sprofonda per via dell’elevata densità raggiunta.
È qui che inizia un secondo lungo viaggio, che porta il ramo discendente dell’AMOC, scorrendo in profondità, ad attraversare nuovamente l’Atlantico in direzione sud. L’AMOC è a sua volta parte del sistema globale di correnti oceaniche, raffigurato nella figura sottostante, che attraversando tutti gli oceani costituiscono un meccanismo importantissimo di regolazione del clima globale. Come si vede nella figura, il sistema di correnti è costituito da un nastro trasportatore ininterrotto, formato da correnti sia superficiali che di profondità.
Ebbene, due diversi articoli di ricerca usciti sulla rivista Nature, a firma rispettivamente del climatologo e oceanografo Thornalley e dell’oceanografa Caesar, mostrano che l’AMOC è decresciuta d’intensità del 15% negli ultimi decenni. I due studi non sono i primi a riportare questo fenomeno, ma è interessante che la stessa conclusione sia stata raggiunta dai due gruppi di ricerca con due metodi completamente diversi – Thornalley e colleghi hanno usato dati osservativi di tipo paleoclimatico (i cosiddetti proxy data) mentre Caesar e il suo gruppo hanno analizzato dati ottenuti da diversi modelli climatici.
In particolare, Thornalley ipotizza che il rallentamento sia stato accentuato dallo scioglimento dei ghiacci della Groenlandia, che ha immesso ingenti quantità d’acqua dolce nella circolazione atlantica. Il meccanismo è noto agli addetti ai lavori ormai da tempo: l’acqua dolce in eccesso altera il bilancio locale di salinità, perturbando il delicato equilibrio delle correnti oceaniche che da essa dipendono fortemente, come spiegato sopra.
In un’intervista al quotidiano inglese The Independent, Thornalley ha dichiarato che c’è il 5% di possibilità che l’AMOC venga stravolta entro la fine del secolo. Le conseguenze sarebbero nefaste: il Nord Europa potrebbe raffreddarsi di parecchi gradi, ma verrebbero alterate anche la frequenza e l’intensità delle ondate di caldo che colpiscono d’estate il nostro continente. Un motivo in più per aumentare i nostri sforzi nel limitare il cambiamento climatico, insomma.
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