Cosa significa il lockdown per la fauna selvatica urbana

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Le immagini degli animali che si avventurano nei centri cittadini sono ormai popolari. Ma quali potrebbero essere le conseguenze di una modifica temporanea delle nostre (e delle loro) abitudini?

Con il perdurare delle misure di quarantena a causa dell’emergenza Covid-19 nel mondo, le immagini di animali che compaiono nelle strade silenziose e deserte stanno popolando il web. La fauna selvatica urbana sembra in un certo senso “riappropriarsi” degli spazi normalmente dominati dalle persone, dal traffico e dai rumori, avventurandosi anche nei centri delle città insolitamente quieti. Con l’effetto coronavirus, l’impatto della presenza umana sull’ambiente sta diventando evidente su più fronti, quello delle emissioni – ridotte significativamente in questi mesi – e quello della fauna, che talvolta beneficia di una maggiore libertà anche grazie alla riduzione di inquinamento. A Venezia, ad esempio, pesci, anatre e cigni hanno ripopolato i canali, le cui acque sono più limpide che mai, mentre numerosi delfini sono stati avvistati a Cagliari, Reggio Calabria e Trieste, rassicurati dall’assenza di traffico in mare.

Sono tantissime le testimonianze di animali selvatici che esplorano i centri urbani nel mondo: in Spagna, i cinghiali invisibili di giorno sono stati immortalati nelle strade di Barcellona; a Nara, in Giappone, diversi cervi Sika si sono avventurati tra le strade e le stazioni della metropolitana; alcuni procioni sono stati avvistati su una spiaggia di San Felipe, a Panama; in Italia sono stati avvistati anche lupi e caprioli nella città di Pescara, cigni sui navigli di Milano, anatre e caproni tra le strade di Malcesine, in Veneto.

Ma quali sono gli effetti a lungo termine delle modifiche temporanee dell’ambiente urbano? Quali specie ne gioveranno e quali invece ne risentiranno?

L’influenza dell’attività umana sulla fauna selvatica è una questione piuttosto complessa. Prevedere le conseguenze del lockdown sull’ambiente animale non è facile, ma si possono avanzare delle ipotesi, premettendo che non tutte le specie potrebbero essere coinvolte dal cambiamento. In linea di massima, gran parte delle specie potrebbe giovare delle condizioni attuali, ma temporaneamente. Normalmente, la complessità e la molteplicità di rumori urbani influenza la comunicazione degli uccelli, ad esempio, che sono costretti a usare un tono più alto rispetto alle loro controparti rurali, il che modifica il segnale percepito nella comunicazione. Con l’assenza di frastuono, è possibile una migliore comunicazione tra uccelli, ma anche pipistrelli, e quindi potenziali opportunità di accoppiamento maggiori. In alcuni casi, il traffico stradale rappresenta la peggiore minaccia per gli animali, come accade per i ricci del Regno Unito, il cui numero è in rapido declino. Gran parte dei popolari ricci inglesi muore sistematicamente investita dalle auto, cosa che potrebbe rendere questo periodo particolarmente positivo per questi piccoli animali appena usciti dal letargo.

Purtroppo, però, le possibilità di effetti positivi sulla fauna a lungo termine sono alquanto relative. Una volta ripristinate le consuete attività umane, le condizioni per la fauna tornerebbero quelle di prima, creando beneficio soltanto alle specie il cui sostentamento è fortemente legato al turismo, che al contrario stanno risentendo dell’assenza umana. È importante notare, a tal proposito, quanto sia significativo l’impatto dell’uomo sugli ecosistemi e comprendere che le nostre città sono in un certo senso parte di essi. Esiste anche la possibilità che una maggiore offerta di spazio per la fauna selvatica possa compromettere dei meccanismi naturali – molti uccelli rari potrebbero ad esempio nidificare in zone normalmente disturbate dalla presenza umana e risentirne ulteriormente.

Una cosa certa è che, come evidenziato anche dal crollo dell’inquinamento atmosferico, ciò che sta accadendo è anche un’occasione per apprezzare di più l’ambiente, ripensare gli approcci umani con esso, trovare nuove strategie per ridurre il nostro impatto negativo sul pianeta.

Articolo di Erika del 11 Aprile 2020 alle ore 17:30

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