Per la prima volta è stato individuato un hotspot di inquinamento da plastica nei fondali marini, l’equivalente delle garbage patch che galleggiano sulla superficie degli oceani.
La più alta concentrazione di microplastiche trovata nelle profondità del mare viene dai fondali del Tirreno, con 1,9 milioni di frammenti per ogni metro quadro. A dirlo è un nuovo studio pubblicato su Science, condotto da un team di ricercatori britannici e francesi, che evidenzia la gravità del fenomeno del marine litter nel Mediterraneo. Ricerche precedenti avevano già individuato il Mar Tirreno come probabile hotspot di inquinamento da plastica, che ora giunge a conferma con l’analisi dei fondali marini, dove i materiali si accumulano spinti dalle correnti.
Al largo delle coste italiane sono stati raccolti campioni di sedimenti in base ai modelli delle correnti marine profonde e della morfologia del territorio sottomarino. Dall’analisi delle diverse tipologie di plastica e della loro diffusione sui fondali, il team ha individuato una ripartizione dei materiali differente a seconda dell’area, per effetto di un fenomeno tristemente noto come “vortice di rifiuti”. La forza delle correnti conduce le microplastiche in alcuni punti profondi, causandone una spaventosa concentrazione. Si tratta della porzione “mancante” delle tonnellate di rifiuti che vengono gettate negli oceani ogni anno – oltre 10 milioni: mentre le microplastiche galleggianti sono ampiamente analizzate, esse rappresentano una minuscola parte del totale, che invece si accumula nei fondali. Per la prima volta è stato individuato uno di questi hotspot da record, che può essere inteso come l’equivalente delle garbage patches, le cosiddette “isole di plastica”, che si formano sulla superficie degli oceani.
La maggior parte delle microplastiche trovate nei fondali è costituita da fibre tessili, che non vengono filtrate dagli impianti di depurazione e finiscono in modo estremamente facile nei fiumi e nei mari, in enormi quantità. Le microplastiche possono depositarsi lentamente sui fondali, oppure essere trasportate dalle correnti più potenti, spiega il team, fino a raggiungere i fondali dei canyon sottomarini. L’aspetto più preoccupante di questo fenomeno è che queste correnti profonde trasportano anche acqua ricca di ossigeno e nutrienti per gli organismi marini. “Gli hotspot di microplastiche dei fondali marini possono anche ospitare delle importanti comunità biologiche in grado di consumare e assorbire le microplastiche”, si legge nello studio.
Lo studio dettagliato delle correnti marine profonde è fondamentale per comprendere al meglio il fenomeno dell’inquinamento da microplastiche in mare, spiega l’autore principale Mike Clare, per scovare gli accumuli “mancanti” e orientare le azioni future verso la riduzione dell’impatto delle microplastiche sugli ecosistemi oceanici. I nuovi risultati smentiscono inoltre l’idea che le microplastiche si diffondano in maniera indiscriminata sui fondali, mostrando un meccanismo mai osservato prima in questo contesto.
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