Gli eventi alluvionali che colpiscono la nostra Penisola sono determinati da precise configurazioni sinottiche che favoriscono la risalita di masse di aria molto umida proveniente dai quadranti meridionali. Generalmente, la presenza di un minimo depressionario presente sul Mediterraneo Occidentale innesca la rotazione ciclonica dei venti richiamando correnti umide da sud o dall’Atlantico. Queste masse di aria interagendo con la terraferma, in particolar modo con rilievi e catene montuose, producono precipitazioni estreme. La posizione del minimo di pressione determina quali sono le regioni più esposte e colpite dai fenomeni più intensi.
Il 5 maggio del 1998 un profondo minimo di pressione si mosse dalle Baleari fin sul Tirreno Centrale favorendo la risalita di aria umida da sud-ovest verso le regioni tirreniche e in particolare verso la Campania. L’evento assunse caratteristiche straordinarie: in 72 ore nell’area di Sarno, in provincia di Salerno, caddero al suolo fino a 250 mm di pioggia. Anche la stazione meteorologica dell’Osservatorio di Montevergine, in provincia di Avellino, misurò 196 mm di pioggia tra il 4 e il 6 maggio.
Nel primo pomeriggio del 5 maggio una prima frana interessò le aree limitrofe del centro storico di Quindici, in provincia di Avellino, senza causare danni. Nelle ore successive, le piogge insistenti provocarono una prima frana a Sarno dove il fango invase buona parte del centro storico causando i primi morti. La situazione peggiorò drammaticamente nella notte del 5 maggio, quando due milioni di metri cubi di materiali franarono e travolsero nuovamente la cittadina di Sarno. Qui morirono 137 persone delle 160 che persero la vita tra la provincia di Salerno, Avellino e Caserta durante l’evento.
Le sole piogge non esauriscono le cause che favorirono il verificarsi del disastroso evento alluvionale. La conformazione geomorfologica del territorio nell’area di Sarno è infatti caratterizzata da un substrato di roccia calcarea e strati successivi di piroclasti depositati dalle eruzione del Vesuvio. I quantitativi di pioggia provocarono il graduale distacco tra i due domini con un successivo slittamento degli strati superficiali sulla roccia calcarea. L’assenza di un’adeguata copertura boschiva, fortemente ridotta da incendi degli anni precedenti, favorì l’estesomovimento franoso nell’area.
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