Neve chiama neve: cosa c’è di vero nella saggezza popolare?

Spesso i proverbi nascondono una veridicità scientifica sconosciuta a molti. “Rosso di sera, bel tempo si spera”, “Cielo a pecorelle, acqua a catinelle” sono frasi tramandate da generazione a generazione, vagliate con l’esperienza e l’osservazione del cielo da parte dei nostri antenati. Sembra strano che frasi come questa possano nascondere una certezza scientifica, eppure dobbiamo ricordarci che tutte le discipline scientifiche si basano sul metodo Galileliano: osservare, sperimentare, ripetere. Perché non considerare quindi i proverbi come una verità ottenuta dopo anni ed anni di osservazioni del cielo?

In particolare, il proverbio “Neve chiama neve” descrive uno dei tanti aspetti che possono favorire lo svilupparsi di una nevicata diffusa. Sappiamo che i fiocchi di neve hanno bisogno di temperature molto basse per formarsi in nube, ma anche alla superficie deve essere presente una temperatura tale da impedire lo scioglimento degli stessi. Abbiamo già discusso di questo nel nostro articolo ” può nevicare con temperature positive?”.

Lo strato di temperature negative (o vicine allo zero) in superficie non è prerogativa essenziale per una buona nevicata, ma è buon auspicio per vedere un discreto accumulo. Queste temperature possono essere ottenute tramite inversioni termiche, avvezioni di aria fredda o raffreddamento intenso per irraggiamento. Vogliamo concentrarci sull’ultimo caso.

Tutti i corpi ad una certa temperatura emettono radiazione verso lo spazio, dato che questo si trova spesso ad una temperatura molto più bassa ( per lo spazio vuoto si parla di circa 2-3°K ovvero -271°C). Questo accade perché il corpo più caldo tende a raggiungere l’equilibrio fornendo energia al corpo più freddo, così come acqua calda ed acqua fredda mescolate tendono a raggiungere una temperatura intermedia di equilibrio.

In particolare, la Terra possiede una temperatura superficiale media di 15°C, quindi tende a riemettere verso l’alto parte della radiazione assorbita dalla radiazione solare. Durante il giorno la superficie assorbe la radiazione proveniente dal sole e la immagazzina sotto forma di calore. Nel corso della notte, dato che l’aria è diventata più fredda della superficie, viene emessa radiazione nella direzione opposta, ovvero dal basso verso l’alto. Tramite questo meccanismo la superficie si riscalda di giorno e si raffredda di notte. Il raffreddamento notturno può essere inibito dalla presenza di nubi, che agiscono come “tappo” per la radiazione proveniente dalla superficie. La neve agisce nello stesso modo, ma alla superficie. Infatti il colore bianco della neve appena caduta agisce come “specchio” sulla radiazione proveniente dalla luce solare, impedendo alla superficie di riscaldarsi.

Grazie a questa proprietà della neve, il suolo non riceve abbastanza energia per riscaldarsi durante le ore diurne, e riesce a raffreddarsi più velocemente di notte. Ecco perché, in presenza di neve fresca al suolo, è molto probabile il raggiungimento di minime negative anche poche ore dopo il tramonto del sole. Le temperature negative potranno poi mantenersi fino al sopraggiungere delle nuvole che, scorrendo sopra allo strato di inversione termica formato, intrappoleranno l’aria fredda nei bassi strati, formando le condizioni ideali per lo sviluppo di una intensa nevicata.

Articolo di Guido Cioni del 29 Gennaio 2014 alle ore 10:02

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