La primavera, per chi soffre di allergia da pollini come il sottoscritto, è il periodo dell’anno più odiato. La stagione della rinascita infatti, segna l’inizio di diverse patologie per chi soffre di pollinosi: starnuti, prurito nasale, senso di chiusura del naso, bruciore agli occhi e tosse secca sono all’ordine del giorno, e per i più sfortunati bisogna tener conto anche dell’asma che in certi casi non è certo da sottovalutare.
L’allergia da pollini, inizia a prendere vita già durante i primi giorni del mese di marzo, quando piante come le betulle, nocciole ontani e cipressi, iniziano ad espellere elevati quantitativi di polline nell’aria, con l’avvento del mese di aprile inoltre, compaiono i pollini della parietaria, erba diffusa in maniera capillare sulla nostra nazione, infine poi durante il mese di maggio, fioriscono anche le graminacee, ovvero: frumento, gramigna, granturco, orzo , segale, oglio eccetera. Questo cocktail di pollini, libero di girovagare nella bassa atmosfera, è sempre più diffuso sul nostro Paese tanto che alcune piante sopra elencate, hanno una nuova fase di fioritura anche durante la seconda parte dell’estate, con la ricomparsa dei sintomi prima descritti !
Ma il numero di pollini in bassa atmosfera è lo stesso di 50 anni fa ? Oppure il sempre crescente inquinamento atmosferico ha favorito un incremento della produzione dei pollini delle piante maggiormente responsabili delle allergie primaverili ?
Partiamo da un dato di fatto: negli ultimi 25/30 anni, la diffusione della pollinosi è addirittura raddoppiata e se mentre un tempo colpiva in maniera particolare bambini e adolescenti, negli ultimi anni a farne le spese sono anche gli anziani. Le cause di questo aumento vertiginoso dell’allergia da pollini è da ricercare sicuramente nell’aumento dell‘inquinamento atmosferico ma anche e soprattutto nei cambiamenti climatici che interessano in maniera diretta anche l’Italia.
Negli ultimi anni, si è evidenziato un netto anticipo della fase più mite primaverile, periodo dell’anno dove si concentra la massima concentrazione di pollini nell’aria: volendo riportare un esempio, basti pensare che il mese di aprile appena trascorso è stato uno dei più caldi degli ultimi 30 anni, senza parlare poi dello scorso inverno con la presenza quasi in pianta stabile dell’alta pressione, anch’essa responsabile dell’aumento dell’allergia da pollini poichè data la secchezza dell’aria, i pollini tendono a restare per più tempo nell’atmosfera interagendo in maniera diretta con occhi, naso e gola, facilmente irritabili quando l’aria è secca.
L’altro fattore determinante dell’aumento dell’allergia da pollini, è sicuramente un aumento dell’inquinamento atmosferico: a causa delle emissioni nell’aria di sostanza altamente inquinanti, le piante per difendersi da tutti questi veleni, sono state costrette a produrre una quantità sempre maggiore di pollini e nel contempo a modificare la composizione chimica degli stessi, i quali non vengono più riconosciuti dal nostro sistema immunitario. Allo stesso tempo, gli agenti inquinanti presenti nell’atmosfera, recano irritazioni e microscopiche lesioni alle nostre vie respiratorie, favorendo cosi l’ingresso dei pollini (diametro di circa 20 millesimi di millimetro) nel nostro circuito sanguigno, scatenando nei soggetti predisposti una reazione abnorme di rigetto da parte del sistema immunitario, che aggredisce i pollini come fossero virus o batteri. In poche parole l’allergia da pollini è il sintomo della predisposizione di alcuni soggetti a produrre un’overdose di anticorpi, come l’istamina, non appena il polline entra nel sangue. Questa massiccia dose di anticorpi, provoca però un’infiammazione persistente a carico degli organi che vengono a contatto con i pollini (occhi,naso e bocca), ovvero i sintomi comuni delle allergie.
Detto questo, ci conviene continuare ad utilizzare i combustibili fossili e ad immettere ulteriori inquinanti nell’atmosfera ?
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