Uno studio pubblicato recentemente su Nature lancia l’allarme: la grande “isola” di spazzatura accumulata nel Pacifico è da 4 a 16 volte più grande di quanto si pensasse e sta crescendo ad un ritmo esponenziale. Ma come si è formata e qual è la precisa situazione attuale?
La Great Pacific Garbage Patch (GPGP), o Grande “Isola” di spazzatura nel Pacifico, è una struttura da lungo nota agli studiosi. In realtà non si tratta di una vera e propria “isola” in quanto le concentrazioni delle plastiche al suo interno non raggiungono valori da costituire un vero e proprio “terreno” ma piuttosto di una “chiazza”-questa la traduzione più vicina all’inglese patch- costituita dall’accumulo di plastiche nel bel mezzo dell’oceano Pacifico. Uno studio recentemente pubblicato su Nature ha tentato di caratterizzare questa “isola” utilizzando dati misurati da navi e da voli di ricognizione. I risultati sono stupefacenti: 79 mila tonnellate di plastica galleggiano in un’area di circa 1.6 milioni di chilometri quadrati, ovvero circa 4 volte la superficie della Francia. L’area con le maggiori concentrazioni è mostrata nell’immagine sottostante che contiene le concentrazioni di plastiche.
Questa “isola” si è formata nel corso di decine di anni: al suo interno sono state ritrovate bottiglie risalenti persino al 1970 e si stima che la maggior parte degli oggetti più grandi provenga dallo Tsunami del 2011. La sua formazione è dovuta alla circolazione delle correnti nel Pacifico, come mostrato dall’immagine sottostante. Nel pacifico settentrionale, infatti, è da sempre attivo un “vortice” (in inglese “gyre”) che trasporta acqua dal Giappone verso nord-est, lungo le coste della California e di nuovo verso il Giappone a nord dell’Equatore. Questa circolazione crea una zona di convergenza, ovvero una zona verso la quale le correnti “convergono” e che quindi non può essere abbandonata dagli oggetti estranei ivi trasportati.
A preoccupare maggiormente gli studiosi è l’aumento della concentrazione e dell’estensione di questa “isola”. Stando ai dati acquisiti negli ultimi anni mostrati nell’immagine sottostante la concentrazione di plastiche all’interno dell'”isola” di rifiuti sta aumentando esponenzialmente e ad una velocità molto più alta rispetto alle zone circostanti. Questo significa, secondo gli autori, che la velocità a cui le plastiche vengono “distrutte” in pezzi sempre più piccoli non è abbastanza alta da bilanciare l’arrivo di nuovi rifiuti.
Di certo il futuro non è roseo per quest’area del Pacifico.
Fonti.
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