Guerre, carestie e malattie durante la colonizzazione europea uccisero circa 55 milioni di persone. Lo sfruttamento del suolo diminuì drasticamente, così come le emissioni globali.
Secondo uno studio pubblicato sulla rivista Quarternary Science Reviews, nel 1600 la drastica decimazione della popolazione dovuta alle guerre e alle malattie portò a un’era di raffreddamento globale. Parliamo di poco più di un secolo dopo l’arrivo di Cristoforo Colombo nelle Americhe nel 1492, quando gli indigeni erano diventati da oltre 60 milioni appena 6 milioni. I colonizzatori europei, oltre a sterminare le fiorenti popolazioni locali, portarono con sé malattie come il vaiolo, il morbillo e l’influenza che furono responsabili di una vera e propria strage.
Nonostante le difficoltà nel quantificare l’entità del massacro che avvenne in America – non esistono dati attendibili di censimenti o di dimensioni della popolazione – gli esperti sono riusciti a stimare che la popolazione precolombiana sia diminuita in quell’epoca del 90%, circa il 10% di quella mondiale. Si tratta di un numero superiore alle popolazioni attuali di New York, Londra, Parigi, Tokyo e Pechino messe insieme. Il declino demografico fu talmente grande che vaste aree di vegetazione e terreni agricoli restarono incolti per lungo tempo. Questo, secondo i ricercatori, provocò un rimboschimento di grande portata, in cui gli alberi e la flora che ripopolarono i vecchi terreni agricoli iniziarono ad assorbire grandi quantità di anidride carbonica, rimuovendo così tanto gas serra dall’atmosfera che la temperatura media del pianeta si abbassò di 0,15 gradi Celsius. Il calo di Co2 fu sufficiente per consentire l’espansione dei ghiacciai, confermata dalle carote di ghiaccio antartico risalenti alla fine del 1500 e del 1600, determinando quella che viene chiamata una “piccola era glaciale”.
Secondo l’autore principale dello studio Alexander Koch e del suo team, i risultati mettono in discussione la nostra comprensione di quanto a lungo l’attività umana abbia influenzato il clima della Terra. Si è soliti attribuire alla rivoluzione industriale la genesi dell’impatto umano sul clima, ma questo studio dimostra che gli effetti potrebbero risalire a circa 250 anni prima. A fronte dei dubbi di altri scienziati riguardo la diminuzione della temperatura in quel periodo, secondo Koch la morte di quei 55 milioni di indigeni americani può certamente spiegare il 50% del calo di biossido di carbonio nell’atmosfera globale, lasciando una parte a possibili cause naturali quali eruzioni vulcaniche o cambiamenti nell’attività solare. Ciò che è certo, dichiarano i ricercatori, è che un tale fenomeno di rimboschimento, rapportato alle condizioni attuali di riscaldamento della Terra, sarebbe quasi insignificante per contrastare le emissioni di oggi. Il calo del biossido in atmosfera avvenuto nel 1600 oggi rappresenta solo 3 anni di emissioni di combustibili fossili. “Non c’è modo di ridurre le emissioni di combustibili fossili”, ha affermato Koch. “Anche il rimboschimento e il ripristino delle foreste rimangono cruciali”.
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