Non si degradano in poco tempo, anzi permangono nell’ambiente per diversi anni. Lo dice un nuovo studio dell’Università di Plymouth.
Secondo uno studio dell’Università di Plymouth pubblicato sulla rivista Environmental Science & Technology, le buste della spesa usa e getta restano integre nell’ambiente anche per diversi anni, comprese quelle biodegradabili che, a quanto pare, tanto “bio” non sono. La ricerca ha preso in esame buste di quattro materiali diversi: polietilene ad alta densità (plastica tradizionale da idrocarburi), plastica oxo-biodegradabile (che tende a frammentarsi in breve tempo), plastica biodegradabile (studiata per dissolversi al 90% in 6 mesi) e plastica compostabile (che si degrada in 3 mesi). I materiali sono stati testati all’aria aperta, sotto terra, in acqua di mare e in laboratorio nell’arco di tre anni. I risultati hanno evidenziato che la busta compostabile in ambiente marino si è dissolta completamente in 3 mesi, ma era ancora integra nel suolo dopo 27 mesi, dove l’unica modifica è avvenuta nella resistenza a contenere oggetti. Nei test all’aria aperta, invece, tutti i materiali esposti si sono disintegrati in piccoli frammenti dopo 9 mesi, ma non dissolti.
La ricerca mostra essenzialmente che nessuna delle buste prese in esame garantisce un sostanziale deterioramento in un periodo di tre anni in qualsiasi ambiente. “Non è quindi chiaro se le formule oxo-biodegradabile o biodegradabile forniscano tassi di deterioramento sufficientemente avanzati da essere vantaggiosi, al fine di ridurre la spazzatura marina, in confronto alle buste convenzionali”, si legge nella ricerca.
“Nulla di nuovo” secondo Assobioplastiche, l’associazione delle imprese produttrici di bioplastiche e materiali biodegradabili e compostabili, la quale precisa che questi materiali sono progettati per essere gestiti nel circuito della raccolta dell’umido in appositi impianti industriali e non per essere dispersi nell’ambiente. Allo stesso tempo conferma, però, che l’uso del termine “biodegradabile” per prodotti a base di polimeri tradizionali o con l’aggiunta di additivi che ne accelerano la frammentazione non è corretto. Gli unici prodotti che possono avvalersi correttamente di tale definizione sono quelli in bioplastica compostabile, afferma Assobioplastiche, aggiungendo che la decisione dell’Unione Europea di vietare tutti i materiali tradizionali addizionati con acceleranti per la frammentazione è corretta. “La biodegradabilità non deve essere mai vista come una soluzione più comoda o una scusa per la disseminazione incontrollata nell’ambiente”, precisa infine l’associazione in riferimento alla ricerca e allo sviluppo di modelli di corretta gestione dei rifiuti organici.
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