Gli incendi rilevati quest’anno sono stati 5 volte più numerosi del 2018, segnando un record mai visto.
Nell’agosto 2019 il Sentinel World Fire Atlas ha registrato 79.000 incendi nel mondo, un record che ha richiamato l’attenzione globale sul fenomeno e che ha segnato una netta differenza con le registrazioni del 2018 – nello stesso periodo gli incendi rilevati sono stati circa 16.000. Migliaia di roghi hanno messo in ginocchio l’Amazzonia, l’Indonesia, la California, l’Africa, l’Artico e molte altre zone del mondo, alcune ancora in fiamme.
Ma in che modo si può distinguere un anno eccezionale di incendi da uno “normale”? Si può dire che la Terra è “in fiamme”? Secondo quanto riportato dall’Agenzia Spaziale Europea (Esa), i dati registrati dal Sentinel-3 mostrano che il numero degli incendi è stato 5 volte superiore all’anno scorso e la maggior parte di questi si è sviluppata in Asia (49%). Il 28% si è verificato in Sud America, il 16% in Africa e il resto in Nord America, Europa e Oceania. L’atlante è in grado di rilevare gli incendi tramite le radiazioni infrarosse termiche, misurando la temperatura della superficie terrestre in aree definite.
Difficilmente le “firme di calore” degli incendi possono sfuggire ai sensori degli atlanti per la misurazione e la capacità di fornire informazioni dettagliate e istantanee sulla posizione e i movimenti approssimativi è di grande importanza a livello globale. Quest’anno è stato cruciale in termini di incendi terrestri, con numeri mai visti dall’inizio delle registrazioni. Per questo motivo, per rispondere al quesito posto dall’Esa in questi giorni, si potrebbe effettivamente parlare di “Terra in fiamme”.
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