Si tratta del Grand Starcaise-Escalante e delle Bears Ears nello Utah, due aree protette di importanza cruciale nella ricerca sul cambiamento climatico.
A pochi mesi dalle elezioni in USA, il presidente Donald Trump ha ben pensato di assicurarsi l’ennesimo provvedimento in totale sfavore dell’ambiente, dando il via al progetto di estrazione di carbone in due siti protetti dello Utah, il Grand Starcaise-Escalante e le Bears Ears. Si tratta di due vaste aree a sud dello stato di importanza fondamentale non solo a livello naturalistico, ma anche come rare opportunità di studio del cambiamento climatico.
La valle di canyon e cascate del Grand Staircase-Escalante era stata dichiarata area protetta nel 1996 dall’ex presidente Bill Clinton. “Essendo un’area isolata dove la presenza umana è minima e con un enorme diversità ecologica, il parco è un caso unico per la ricerca sulla crisi climatica”, spiega Sarah Bauman di Grand Staircase Escalante Partners.
Le dimensioni dei due monumenti erano già stati ridotte rispettivamente dell’85% e del 50% nel dicembre 2017, in quella che fu considerata la più grande opera di distruzione di suolo pubblico nella storia degli USA. Quel che resta delle Bears Ears è oggi motivo di forti critiche e manifestazioni ambientaliste, soprattutto per la risorsa paleontologica e culturale che rappresentano. Il sito, anch’esso ricco di altipiani rocciosi e canyon, è infatti un territorio sacro per le tribù native, proclamato parco nazionale nel 2016 da Barack Obama.
La firma di Trump sulla sorte di queste preziose terre apre le porte ad una proficua attività di estrazione di carbone, che vede lo sfruttamento di ben 861.974 acri di terreno. Le compagnie petrolifere e gli allevamenti avranno carta bianca per espandere le loro attività in queste aree uniche e incontaminate.
Secondo le stime, questa operazione frutterebbe annualmente al governo statunitense circa 208 milioni di dollari di entrate con la produzione di carbone, 16,6 milioni in royalties sui terreni ridotti dei parchi e circa 4,1 milioni di dollari con pozzi di petrolio e gas. Tutto per il bene dell’economia dello Utah e degli Stati Uniti, a detta dell’amministrazione di Trump.
Ma il commento dell’assistente segretario per la gestione dei terreni e dei minerali Casey Hammond, citato da The Guardian, ci fa ben sperare: si tratta di terre soggette al controllo federale e governate da “leggi collaudate dal tempo”, spiega, vincolate da normative ambientali. Pertanto il “via libera per tutti” allo sfruttamento del suolo sarebbe incoerente con la realtà dei fatti. Nel frattempo, secondo alcune dichiarazioni, per ora sembra non esserci un forte interesse da parte delle compagnie nell’approfittare dei permessi concessi da Trump.
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