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Soltanto per garantire l’attività di tutti gli smartphone al mondo vengono generati 200 milioni di tonnellate di carbonio l’anno.
La tecnologia è sempre più presente nelle nostre vite, divenuta ormai parte integrante della quotidianità di una grande fetta della popolazione mondiale. Al di là della comunicazione, la tecnologia è largamente utilizzata in moltissimi settori, facendo affidamento su un grande impiego di elettricità per qualsiasi elaborazione o trasferimento di dati.
Secondo un’indagine diffusa da Euroactiv in base alle stime della Commissione Europea, la tecnologia odierna sfrutta il 5-9% del consumo globale di elettricità e contribuisce a più del 2% delle emissioni inquinanti. Sebbene risulti difficile pensare che scambiarsi messaggi con uno smartphone possa avere un impatto ambientale, è proprio così: la rete che garantisce l’attività dei 7 miliardi di smartphone utilizzati al mondo genera ben 200 milioni di tonnellate annue di carbonio.
Ma l’impatto ambientale legato al mondo digitale non si ferma qui, anzi difficoltà ancora più grandi si palesano davanti alla crescita esponenziale dei Rifiuti da Apparecchiature Elettriche ed Elettroniche (RAEE), che ammontano in media a 12 milioni di tonnellate all’anno e aumentano più velocemente di tutte le altre tipologie di rifiuti. Soltanto il 35% dei rifiuti elettronici viene riciclato, si legge nel documento della Commissione, e “si perde molto valore quando un dispositivo non può essere riparato, quando una batteria non può essere sostituita o quando il software non è più supportato”.
Nel 2019 la raccolta di RAEE in Italia è migliorata rispetto all’anno precedente: sono state raccolte 146.019 tonnellate di rifiuti, con una crescita del 17% rispetto al 2018. Si è trattato principalmente di televisori e monitor, che purtroppo, però, ci si aspetta aumentino nuovamente con l’arrivo del nuovo standard del digitale terrestre.
La questione più complessa riguardo l’impatto della tecnologia resta però la lavorazione delle Terre Rare, ovvero quegli elementi chimici necessari alla produzione di dispositivi come gli smartphone. Le Terre Rare comprendono 15 lantanoidi, lo scandio e l’ittrio e, a dispetto di come suggerisce il nome, non sono introvabili, ma piuttosto estremamente difficili da estrarre per la loro tendenza a legarsi tra loro o ad altri minerali. Per ottenere questi elementi puri si ricorre quindi a processi che richiedono l’uso ripetuto di acidi e sostanze tossiche o talvolta radioattive, il che rende questa fase di lavorazione altamente inquinante.
Collocata in un contesto di produzione massiccia come quella della tecnologia odierna, l’estrazione delle Terre Rare contribuisce ad un impatto notevole di tutto il settore. Inutile dire quanto sarebbe risolutivo, anche per il settore tecnologico, adottare misure sostenibili basate su un’economia circolare, sulla decarbonizzazione e sulla riduzione dei rifiuti.
Fonte: Nonsoloambiente
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