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Le crescenti carenze nell’approvvigionamento idrico del Paese mettono in luce la necessità di sopperire al più presto alle disparità tra nord e sud, che andranno via via intensificandosi per effetto del cambiamento climatico.
Esistono notevoli disparità in fatto di approvvigionamento idrico tra nord e sud Italia, che è causa da sempre di una distribuzione disomogenea di acqua nel paese. La frequenza di precipitazioni al nord è mediamente il doppio di quella del sud, dove un altro fattore predominante è l’aumento delle temperature annuali, che favoriscono l’evaporazione dell’acqua. La distribuzione idrica tra le regioni è resa poi ancora più difficile dalla morfologia del territorio e dalle montagne, nonché dall’umidità del suolo, che è piuttosto bassa.
L’insieme di questi fattori fa sì che dei 300 miliardi di metri cubi d’acqua che piovono o fluiscono in Italia ogni anno – una quantità piuttosto abbondante – soltanto 58 sono sfruttabili. Il 70% forma sorgenti, laghi e fiumi, che forniscono acqua alla maggior parte delle città italiane. Il problema sopraggiunge quando la scarsità di piogge induce queste fonti idriche primarie a ritirarsi rapidamente, fenomeno di cui soffre particolarmente il sud del paese.
Negli ultimi anni, questa carenza è andata aumentando. Nel 2017 l’Italia ha vissuto la più grande siccità degli ultimi 60 anni, aggravata da un’estate caratterizzata da temperature estreme che hanno toccato i 40 °C e da una drastica diminuzione delle piogge, ridotte dell’80% rispetto alla media storica. Per la prima volta venivano spente le fontane storiche di Roma, mentre Venezia vedeva una secca senza precedenti, la Sicilia faceva i conti con gravi incendi e la Sardegna chiedeva lo stato di calamità naturale per la grave carenza idrica.
I problemi nell’approvvigionamento idrico in Italia non si sono fermati quell’anno, ma sono una costante che si prevede in peggioramento a causa del cambiamento climatico. Gli effetti visti nel Mediterraneo, con l’aumento delle temperature medie di 1,4 °C e la riduzione delle precipitazioni del 2,5%, suggeriscono che la situazione tenderà ad essere sempre più critica nel nostro paese, con siccità sempre più gravi e una disponibilità di acqua sempre più bassa. Secondo i modelli scientifici, i consumi idrici potrebbero aumentare del 25% nel corso di questo secolo, con conseguenze drammatiche per le zone già aride.
A rendere la questione ancora più complessa è l’inefficienza delle infrastrutture idriche in Italia, che se un tempo costituivano un primato, oggi sono obsolete e continuamente soggette a riparazioni. Negli ultimi due anni l’ammodernamento di 5.400 chilometri di tubature ha richiesto un 20% di investimenti ulteriori nel settore, con gravi perdite nell’approvvigionamento idrico nelle città. Data la domanda particolarmente alta di acqua, si tratta di sprechi che il paese non può assolutamente permettersi.
Rispetto alla media europea, il consumo medio annuale di acqua in Italia è superiore del 25%. La domanda maggiore viene dall’agricoltura, a causa dell’abbondanza di colture in aree non naturalmente predisposte all’irrigazione, con uno sfruttamento di risorse idriche non rinnovabili del 15% – 2 volte la Spagna e 7 la Grecia. Quanto all’uso domestico, in media un italiano consuma circa 220 litri di acqua al giorno, di cui il 60% è dedicato all’igiene personale – metà solo per lo sciacquone. Una quantità decisamente elevata, se si pensa che nei paesi in via di sviluppo si sopravvive con soli 20-30 litri d’acqua al giorno.
D’altra parte, il costo dell’acqua in Italia è tra i più economici d’Europa, il che sembra incentivarne il consumo eccessivo. Ma la prospettiva di maggiori restrizioni idriche rende fondamentale un cambiamento tempestivo nell’uso dell’acqua, ancora di più sapendo che gran parte di questo non è necessario e basterebbe farne un utilizzo più consapevole per ridurre al minimo gli sprechi.
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