Questa sera l’Etna, uno tra i Vulcani più grandi d’Europa ed uno tra i più attivi nel mondo, ha dato sfoggio di sé con il 20°esimo parossismo del 2013. Il termine parossismo si utilizza per identificare la fase più intensa di un episodio parossistico che è costituito principalmente da tre fasi: preludio-crescita, acme e diminuzione-cessazione. In genere non si parla di vera e propria eruzione, ma attività eruttiva, dato che vulcani come l’Etna e lo Stromboli, a differenza del Vesuvio, hanno attività pressoché continua, ed è per questo che sono considerati i meno pericolosi.
Ma come è possibile che un’intensa attività vulcanica possa avere effetti sul tempo meteorologico o sul clima globale?
Innanzitutto è bene ricordare che i materiali più leggeri espulsi in un’eruzione hanno velocità talmente elevate che riescono a raggiungere in taluni casi la tropopausa ed entrare nella stratosfera. La maggior parte di queste particelle è costituita da composti di Zolfo ed Ossigeno, che riescono ad “entrare” nei cicli catalitici di distruzione dell’Ozono ed accelerarne la perdita. In parole povere: i materiali dell’eruzione che riescono a viaggiare fino a “sfondare” la tropopausa possono accelerare la distruzione dell’Ozono, e sappiamo bene che il problema di diminuzione dello strato di Ozono è molto attuale.
Le particelle più pesanti che non riescono a raggiungere altitudini così elevate possono essere veicolate dal vento per chilometri e chilometri e rimanere in sospensione per mesi. In questo caso ci sono due principali effetti. Il primo, meno evidente, è quello dovuto alle proprietà di nucleazione delle minuscole particelle sospese nell’aria. Sappiamo, infatti, che le nuvole e le precipitazioni si formano proprio grazie alla presenza di particelle molto piccole, dette aerosol, che permettono l’accumulo di goccioline d’acqua intorno ad esse. La presenza di nuove particelle dovute all’eruzione può intensificare questo processo e produrre nuvole o precipitazioni in quantità maggiore.
Ma l’effetto più intenso ed a lungo termine è dovuto alle proprietà radiative di queste particelle. In eruzioni molto potenti, come quella del Krakatoa, viene espulsa una quantità di particelle, tale da produrre uno strato omogeneo di minuscoli detriti in Atmosfera. Questi tendono a riflettere maggiormente la luce del sole, rispetto a quanto fatto dalle sole nuvole, e quindi, a lungo termine, impediscono a parte delle radiazione del Sole di arrivare a Terra. Possiamo immaginarci che, se questo avviene per molto tempo, si verificherà una diminuzione della temperatura media alla superficie, e quindi una stagione più fredda. Non a caso l’esplosione del Krakatoa ha provocato un inverno molto freddo: gli effetti “collaterali” dell’evento si sono portati avanti per anni prima di scomparire
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