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Il ritorno generale al monouso rischia di peggiorare le condizioni dell’inquinamento da plastica che affligge gli oceani di tutto il mondo.
Negli ultimi mesi la quantità di rifiuti è inevitabilmente aumentata in tutto il mondo come conseguenza della pandemia di coronavirus, che si è tradotta non solo nell’incremento della produzione di rifiuti ospedalieri, ma anche in un ritorno generale del monouso per molte attività, rischiando di peggiorare la situazione dell’inquinamento da plastica che affligge gli oceani. L’allarme era già stato lanciato dalle organizzazioni ambientaliste e da numerose testimonianze riguardo ad oggetti – soprattutto mascherine e guanti – abbandonati per strada, ma secondo indagini recenti il problema ha già raggiunto i fondali marini.
L’Opération Mer Propre, un’associazione francese senza scopo di lucro, che si occupa della raccolta di rifiuti lungo la Costa Azzurra, ha segnalato il ritrovamento di guanti, mascherine, flaconi di disinfettanti che galleggiavano nel Mediterraneo insieme alla solita mescolanza di bicchieri usa e getta e lattine di alluminio. Una quantità non ancora enorme, ma che preoccupa per la possibilità di un nuovo eccesso di inquinamento marino, destinato a diventare onnipresente nella prospettiva di un generale affidamento al monouso che riguarda milioni di persone.
Soltanto nella Francia, le autorità hanno ordinato 2 miliardi di mascherine monouso, fa notare Laurent Lombard dell’organizzazione. “Presto correremo il rischio di avere più mascherine che meduse nel Mediterraneo”, ha scritto in un post pubblicato insieme al video di un’immersione che riprendeva mascherine e guanti intrecciati con alghe nel mare vicino ad Antibes. La speranza è di sensibilizzare le persone, attraverso queste immagini, affinché utilizzino dispositivi riutilizzabili e preferiscano il lavaggio delle mani all’uso dei guanti usa e getta. “Con tutte le alternative esistenti, la plastica non è la soluzione per proteggerci dal Covid. Questo è il messaggio”, ha detto Joffrey Peltier dell’organizzazione.
Prima della pandemia, le campagne di sensibilizzazione per la grave minaccia rappresentata dall’inquinamento marino da plastica erano tra le questioni predominanti, ma il problema potrebbe apparire ridimensionato dall’emergenza sanitaria. Al contrario, la tendenza al ritorno generale del monouso rischia di vanificare gli sforzi fatti finora per ridurre il problema, soprattutto quando non necessario o quando esistono alternative sostenibili altrettanto valide.
Ogni anno finiscono negli oceani fino a 13 milioni di tonnellate di plastica, secondo le stime 2018 di UN Environment, con un flusso di 570.000 tonnellate soltanto nel Mediterraneo. Una quantità che equivale al versamento in mare di 33.800 bottiglie di plastica al minuto, che rischia di crescere in maniera esponenziale nell’ambito di una pandemia globale. I materiali utilizzati sono inoltre particolarmente dannosi per la vita marina, spiega il politico francese Éric Pauget, poiché contengono spesso polipropilene. “Con una durata di 450 anni, queste mascherine sono una bomba a orologeria ecologica, date le loro durevoli conseguenze ambientali per il nostro pianeta”, ha scritto il mese scorso in una lettera a Emmanuel Macron, invitando il presidente francese a fare di più per affrontare le conseguenze ambientali del materiale usa e getta.
Preoccupazioni simili arrivano da OceansAsia di Hong Kong, che attraverso un sondaggio nelle isole disabitate Soko aveva trovato già all’inizio dell’anno dozzine di mascherine monouso. “Su una spiaggia lunga circa 100 metri, ne abbiamo trovate circa 70”, ha dichiarato Gary Stokes di OceansAsia. “Una settimana dopo, ne abbiamo trovate altre 30. E parliamo di un’isola disabitata nel mezzo del nulla”. Si tratta di altri detriti in mare che, come sacchetti di plastica e cannucce, “lasceremo in eredità alle future generazioni”.
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