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I nuovi dati potrebbero svelare i processi che alimentano la fusione nucleare del Sole.
La scoperta di un team internazionale di scienziati potrebbe condurre a un passo dalla comprensione di uno dei misteri dello spazio: la fusione nucleare che avviene all’interno del Sole. I fisici hanno individuato per la prima volta in assoluto particelle rare provenienti dalla fusione solare, grazie al rilevatore Borexino nel Gran Sasso. I nuovi risultati potrebbero quindi svelare i due processi che alimentano le reazioni infuocate della nostra stella, ovvero la fusione dei protoni che trasformano l’idrogeno in elio e il ciclo CNO, che da origine alla fusione di idrogeno in elio.
La fusione protone-protone, secondo gli scienziati, genera il 99% dell’energia solare. Raramente la fusione nucleare avviene attraverso il ciclo CNO, che si divide in 6 fasi e utilizza carbonio, azoto e ossigeno per fondere l’idrogeno in elio. I due processi creano diversi tipi di neutrini – particelle subatomiche quasi prive di massa che possono attraversare la materia ordinaria senza dare segni della propria presenza: quelli della fusione protone-protone individuati abitualmente dai fisici e quelli generati dalla CNO, scoperti per la prima volta nell’ambito della nuova ricerca. La scoperta è stata annunciata il 23 giugno in occasione del Neutrino 2020 Virtual Meeting dai ricercatori del rivelatore italiano Borexino.
Il Borexino Experiment è stato progettato per studiare le interazioni estremamente rare dei neutrini. Si trova presso i Laboratori Nazionali del Gran Sasso, vicino a L’Aquila, ed è sepolto nelle profondità della montagna. Il rivelatore è costituito da un serbatoio alto circa 18 metri, che contiene 280 tonnellate di liquido che innesca una reazione luminosa quando gli elettroni interagiscono con un neutrino. Attraverso segnali luminosi, il liquido rivela la quantità di energia presente: un lampo luminoso indica una maggore energia, quindi suggerisce la probabilità di neutrini provenienti dalla CNO.
Il serbatoio interno del rivelatore è rivestito di sensori estremamente isolati dalle radiazioni presenti sulla superficie terrestre. Senza questa schermatura, il rilevatore non sarebbe in grado di captare i segnali provenienti dai neutrini della CNO. Ma secondo Gioacchino Ranucci, fisico presso l’Istituto Nazionale di Fisica Nucleare di Milano, coautore dello studio, il successo dell’esperimento si deve anche alla “purezza senza precedenti” del liquido scintillante nel rilevatore. “Con questi risultati, Borexino ha completamente svelato i due processi che alimentano il Sole”, sottolinea.
Il confronto tra l’osservazione dei neutrini CNO e quelli della catena protone-protone contribuirà a rivelare la quantità di carbonio, azoto e ossigeno nel Sole. I risultati attuali, frutto della collaborazione di ricercatori dall’Italia, Francia, Germania, Polonia, Russia e Stati Uniti, mostrano un’attendibilità dei dati del 99%, cioè presentano 1 possibilità su 3,5 milioni che il segnale sia stato prodotto da un fenomeno diverso dal processo CNO.
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