Didattica Meteo: URAGANI, TIFONI E CICLONI TROPICALI

Pochi giorni fa l’astronauta Chris Cassidy (NASA) inviava tre straordinarie immagini della Terra ripresa dalla Stazione Spaziale Internazionale. Queste foto, una delle quali riportata in basso, immortalano la bellezza di uno dei fenomeni atmosferici più estremi ed affascinanti del pianeta: gli uragani. Nello specifico l’immagine riprende l’uragano Genevieve che in queste ore si sta muovendo in direzione nord-ovest lungo le coste della Bassa California, in Messico.

Uragano Genevieve ripreso dalla Stazione Spaziale Internazionale il 19 agosto 2020.

Questi giganti visibili dallo spazio sono solo il risultato di un processo più o meno lungo di formazione ed evoluzione che ha bisogno di tutti gli ingredienti fondamentali per poter giungere a conclusione. Prima di provare a descrivere che cos’è un uragano, come si forma e in quali condizioni può intensificarsi, iniziamo con il chiarire che non esiste alcuna differenza tra uragano e tifone. Sono entrambi cicloni tropicali ma con aree di formazioni diverse: con il termine “uragano” ci si riferisce ai cicloni tropicali in Atlantico e sul Pacifico Orientale, con “tifone” a quelli nel Pacifico Nord-Occidentale.

Non sono gli unici termini esistenti: sull’Oceano Indiano si parla semplicemente di cicloni, in Australia vengono comunemente chiamati “Willy-Willy” mentre sono indicati con il termine “Baguio” nelle Filippine.

Uragano Michael, 10 ottobre 2018 con animazione che mostrano la rotazione dei venti. FONTE: NOAA

Dunque, che si tratti di un uragano o di un tifone, si sta semplicemente guardando ad un ciclone tropicale, un’area di bassa pressione in rotazione che si forma su acque tropicali o subtropicali.  A differenza dei cicloni extra-tropicali, quelli che generalmente interessano le nostre latitudini, i cicloni tropicali sono alimentati principalmente dal calore sensibile proveniente dalla superficie del mare. In seguito, l’aria più calda ed umida sale verso l’alto, si espande e condensando libera una notevole quantità di calore latente che determina l’ulteriore riscaldamento della colonna d’aria. Per questo motivo, i cicloni tropicali sono caratterizzati da un “cuore caldo”, cioè la temperatura nel centro di bassa pressione è generalmente più alta delle aree circostanti.

Condizioni favorevoli alla formazione di un ciclone tropicale:

L’instabilità atmosferica presente deve essere accompagnata da una temperatura superficiale del mare abbastanza elevata, solitamente superiore ai 26 °C. Inoltre, i venti devono essere caratterizzati da uno “shear” ridotto, ovvero la loro intensità non deve variare rapidamente con la quota in modo da non “spezzare” la struttura verticale del ciclone.


Area di formazione e traiettorie dei cicloni tropicali. FONTE: Met Office

Area di formazione:

I cicloni tropicali si formano generalmente tra gli 8° di latitudine (emisfero Sud) e i 20° di latitudine (emisfero Nord): in questa fascia la convergenza degli alisei (trade winds), venti regolari che spirano da est verso ovest, determina la risalita costante di aria calda ed umida dalla superficie verso le alte quote. Lo spostamento della massa d’aria produce un’area di bassa pressione verso la quale i venti tendono a convergere. L’azione della Forza di Coriolis determina la rotazione del sistema depressionario.

Che si formino sull’Oceano Indiano, sull’Oceano Atlantico o sul Pacifico, i cicloni tropicali che sopravvivono per un tempo sufficiente si muovono tutti da est verso ovest sotto la spinta degli alisei.

Dalla depressione tropicale all’uragano:

Le varie fasi di intensificazione di un ciclone tropicale sono descritte dall’intensità dei venti misurati.

  • La prima fase di un uragano, che abbiamo definito essere un intenso ciclone che si sviluppa alle latitudini tropicali, viene definita depressione tropicale. Una depressione tropicale è caratterizzata da venti con velocità massima inferiore ai 60 km/h.
  • Si parla invece di tempeste tropicali quando il ciclone si intensifica e fa registrare raffiche di vento da 60 km/h fino a 118 km/h. Diversamente dalle depressioni tropicali, alle tempeste tropicali viene ufficialmente dato un nome, che viene conservato anche se poi la tempesta si intensifica diventando un uragano. I nomi scelti non sono casuali ma sono forniti ufficialmente dall’Organizzazione meteorologica mondiale (WMO).
  • I cicloni tropicali con velocità superiore a 118 km/h sono comunemente noti con il nome di uragani e la loro intensità viene definita mediante una scala che va da 1 a 5, nota con il nome di Saffir-Simpson.
Scala Saffir-Simpson. Fonte:WIKIPEDIA

Ogni anno in media si sviluppano 80 cicloni tropicali sul pianeta. In media in Atlantico si registrano 10 uragani ogni anno: di questi, la maggior parte rimane sull’oceano e mediamente solo 5 ogni 3 anni colpiscono gli Stati Uniti. Sull’Oceano Atlantico la stagione degli uragani va da giugno a novembre mentre sull’Oceano Pacifico i cicloni tropicali si formano durante tutto l’anno con un picco di eventi a settembre.

Struttura di un uragano:

L’uragano può svilupparsi e sopravvivere soltanto su acque calde oceaniche. L’evaporazione sottrae energia all’oceano e aumenta l’umidità atmosferica. Il vapore prodotto viene spinto verso l’alto dove, grazie al processo di condensazione, si trasforma in acqua liquida liberando calore latente. Di conseguenza, l’aria si riscalda ulteriormente e determina il rafforzamento dei venti. In un processo che si auto-alimenta i venti più intensi favoriscono una maggiore evaporazione e quindi un successivo aumento di calore latente prodotto per condensazione.

Quando la tempesta è sufficientemente intensa, la circolazione dei venti si chiude e raggiunge la sua massima intensità nella zona dell’eyewall, vicino all’occhio della tempesta. In questa zona le precipitazioni e i venti possono essere estremamente intensi e causare enormi danni ad abitazioni e costruzioni.

Occhio”dell’uragano Dorian , settembre 2019 .Fonte: @GBlack22wx

Perché l’occhio è privo di nubi?

L’aria instabile circostante sale verso l’alto e viene spinta verso il centro della tempesta, il punto in cui la pressione è generalmente inferiore. In questo zona, che può essere estesa diverse decine di km, l’aria converge e ricade verso il basso. La compressione che ne deriva riscalda l’aria e fa evaporare le goccioline che formano le nubi, rendendo il cielo sereno. Qui il vento è debole o addirittura assente (calma di vento) e l’effetto dall’interno è impressionante (vedi la foto): si parla di stadium effect perché si ha l’impressione di essere all’interno di un enorme stadio. Ma non appena l’occhio si allontana, ecco che la tempesta si intensifica nuovamente, con venti violenti che hanno direzione opposta rispetto alla prima fase.

Dissolvimento:

Quando le giuste condizioni atmosferiche ed oceaniche non sono più presenti, il sistema si indebolisce rapidamente. Nell’emisfero nord nella fase matura gli uragani si muovono in direzione nord-ovest allontanandosi dall’equatore. Un uragano che raggiunge le coste (land-fall) è estremamente pericoloso perché in grado di sprigionare venti estremi e precipitazioni straordinarie ma la sua attività termina nel giro di poche ore o pochi giorni perché senza la superficie oceanica il sistema non ha l’alimentazione necessaria per continuare ad alimentarsi. Se non incontra la terraferma l’uragano si indebolisce più gradualmente muovendosi verso nord, dove incontra una temperatura dell’acqua inferiore e venti man mano più forti, che rompono la struttura simmetrica del ciclone.

Articolo di Stefano Della Fera del 23 Agosto 2020 alle ore 11:01

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