L’ozono nell’emisfero settentrionale è aumentato negli ultimi 20 anni

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Secondo un nuovo studio, la riduzione dell’ozono inquinante su alcune medie latitudini è stata compensata da un aumento delle concentrazioni nella troposfera superiore.

Nonostante le limitazioni imposte sulle emissioni che influiscono sullo strato di ozono, da un nuovo studio pubblicato su Science Advances del Cooperative Institute for Research in Environmental Sciences (CIRES) dell’Università del Colorado Boulder risulta che l’ozono nell’emisfero settentrionale è aumentato negli ultimi 20 anni. Se da un lato l’inquinante si è ridotto su alcune medie latitudini, come per l’Europa e gli Stati Uniti, tale riduzione risulta compensata da concentrazioni più elevate nella troposfera superiore.

L’ozono troposferico è un gas serra che, ad alti livelli, può essere nocivo per la salute delle persone e della vegetazione. La scoperta dei ricercatori mette in luce un effetto collaterale dei tentativi di intervenire sulle emissioni terrestri, suggerendo che le azioni intraprese finora potrebbero essere controproducenti. “È  un grosso problema perché significa che mentre cerchiamo di limitare il nostro inquinamento a livello locale, potrebbe non funzionare come pensavamo”, ha affermato l’autore principale dello studio Audrey Gaudel.

Tra il 1994 e il 2020, IAGOS ha raccolto misurazioni su oltre 62.000 voli commerciali in tutto il mondo. Immagine: In-Service Aircraft for the Global Observing System (IAGOS).

Il team ha registrato un aumento complessivo dell’ozono nei tropici,con valori sorprendenti in aree che tra il 1994 e il 2004 avevano invece concentrazioni molto basse, come la Malesia, Indonesia, India e sud-est asiatico. Osservando i cambiamenti nell’ozono troposferico dal 1995 al 2016, risulta inoltre che l’inquinante esportato dai tropici potrebbe contribuire significativamente all’aumento dei valori nelle aree più alte dell’emisfero settentrionale. In tutte le regioni osservate, l’aumento dell’ozono è stato mediamente del 5% per ogni decennio.

“Vogliamo capire la variabilità dell’ozono e dei suoi precursori e l’impatto delle regioni inquinate sulle regioni remote“, ha spiegato Gaudel, “quindi stiamo utilizzando i migliori strumenti che abbiamo, per ottenere profili e colonne di ozono da diversi tipi di attività umane e fonti naturali”.

Immagine: NOAA.

Per le misurazioni dell’ozono e comprenderne i cambiamenti nel tempo, i ricercatori del CIRES e del NOAA si sono basati sui dati dei velivoli del programma In-Service Aircraft for the Global Observing System (IAGOS) europeo, che monitora i livelli di ozono in tutto il mondo. I ricercatori hanno esaminato gli inventari delle emissioni di uno dei principali precursori dell’ozono, gli ossidi di azoto (NOx), utilizzati come input per il modello di trasporto chimico globale MERRA-2 GMI, che riproduce accuratamente lo IAGOS. Il modello ha mostrato che l’aumento delle emissioni antropiche nei tropici stava probabilmente guidando l’aumento osservato dell’ozono nell’emisfero settentrionale.

Articolo di Erika del 26 Agosto 2020 alle ore 11:53

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