Innalzamento dei mari: lo scioglimento dei ghiacci sta seguendo lo scenario peggiore previsto

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La perdita di massa glaciale in Antartide e Groenlandia è sempre più rapida. Nel 2100 il livello del mare potrebbe aumentare fino a 110 cm.

La perdita di ghiaccio nelle regioni più a rischio della Terra sta seguendo lo scenario peggiore previsto. L’aumento delle temperature globali incide particolarmente sulla Groenlandia e l’Antartide, che secondo le stime si dirigono verso un punto di non ritorno. A dirlo è un nuovo studio pubblicato su Nature, condotto da un team di ricercatori dell’Università di Leeds e dell’Istituto Meteorologico Danese, che ancora una volta mette in guardia nei confronti di un preoccupante innalzamento del livello dei mari futuro.

Il team ha confrontato la massa delle calotte di ghiaccio in base alle proiezioni dei modelli climatici: tra il 1992 e il 2017 l’Antartide e la Groenlandia hanno perso 6,4 trilioni di tonnellate di ghiaccio, contribuendo ad un innalzamento dei mari di 17,8 millimetri. Con i ritmi attuali di fusione in queste regioni, entro il 2100 si arriverebbe ad un aumento complessivo di 17 centimetri, con conseguenze devastanti per molte aree costiere abitate da milioni di persone.

L’aumento del livello del mare dagli inizi del ‘900 è stato di circa 15 cm su scala globale, ma il trend è cambiato significativamente negli ultimi anni, con un ritmo più che raddoppiato e una media di 3,6 mm l’anno, che non accenna a rallentare. Ad oggi, anche con una drastica riduzione delle emissioni di gas serra a livello globale e un contenimento del riscaldamento al di sotto dei 2 °C, il livello del mare potrebbe salire di 30-60 cm, ma potrebbe raggiungere addirittura i 110 cm se le concentrazioni di gas serra continuassero a crescere.

Il Pannello intergovernativo per i cambiamenti climatici (IPCC) ha delineato 4 principali scenari climatici futuri, basati sul forzante radiativo che misura la capacità di alterazione del bilancio energetico terrestre in un certo intervallo di tempo. I Representative Concentration Pathway (RCP) sono delineati in base ad un determinato fattore, come l’aumento della concentrazione di Co2 in atmosfera, consentendo di misurare la potenziale capacità di influenzare le dinamiche del sistema climatico.

Nello scenario climatico peggiore, ovvero l’RCP8.5, l’assenza di politiche climatiche e una costante crescita dei gas serra porterebbe al massimo aumento previsto del livello del mare e cambiamenti ambientali e atmosferici drastici. Gli scenari intermedi possibili, l’RCP4.5 e RCP6, descrivono una potenziale stabilizzazione globale, mentre l’RCP2.5, lo scenario migliore, sarebbe possibile con significative azioni di mitigazione e un forzante radiativo molto basso.

Non è possibile affermare con esattezza come reagirà il pianeta all’ulteriore prolungamento delle abitudini e delle attività umane con maggiore impatto, ma sappiamo che ai poli della Terra la risposta ai cambiamenti climatici è molto più incisiva e rapida. “Le osservazioni satellitari ci mostrano che le calotte glaciali stanno reagendo in modo sorprendentemente rapido ai cambiamenti ambientali”, sottolinea Marcus Engdahl dell’Agenzia Spaziale Europea (ESA). “È fondamentale che gli scienziati abbiano accesso ai dati delle future missioni satellitari in grado di osservare le zone polari, come le prossime missioni ad alta priorità del programma Copernicus CRISTAL, ROSE-L e CIMR”.