È stato l’inquinamento a causare la strage di fauna marina a Kamchatka, strani sintomi anche nei surfisti

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Le autorità stanno indagando sulla possibile fuoriuscita di sostanze chimiche velenose dal sito di stoccaggio di Kozelsky.

Il disastro avvenuto al largo della penisola Kamchatka sembra ricondurre quasi certamente a sversamenti di sostanze velenose nelle acque russe. Dal mare di Bering, all’estremo oriente della Russia, migliaia di animali marini, tra cui pesci, foche, ricci di mare e polpi, sono giunti morti sulle spiagge, un episodio terrificante che ha coinvolto gran partedella fauna marina locale. L’allarme era partito verso la fine di settembre da alcuni surfisti che avevano sperimentato strani sintomi uscendo dall’acqua, come forti bruciori agli occhi e malesseri.

La Kamchatka, con poco più di 300.000 abitanti, è rinomata per i suoi paesaggi e i suoi vulcani attivi ed è caratterizzata da una fauna selvatica molto ricca. Secondo quanto riscontrato da una squadra di sommozzatori, la strage ha colpito la vita marina fino a 5-10 metri di profondità, con una perdita del 95% degli animali. “Sono rimasti pochi pesci di grandi dimensioni, gamberi e granchi, ma in numero molto ridotto”, ha dichiarato Ivan Usatov della riserva naturale di Kronotsky.

Il disastro ambientale che ha colpito l’area ha inoltre provocato una colorazione anomala della superficie del mare visibile da diversi punti, secondo le testimonianze, ed una fitta schiuma giallastra, mentre una massa torbida di sostanze inquinanti si muove anche in profondità lungo le coste. Le indagini delle autorità locali hanno rivelato che l’acqua contiene concentrazioni di prodotti petroliferi 4 volte superiori rispetto ai limiti consentiti e livelli di fenolo 2,5 volte più alti.

Secondo quanto dichiarato da WWF Russia, il danno maggiore sarebbe provocato da “una sostanza trasparente altamente tossica e altamente solubile in acqua”. L’ipotesi di cause artificiali è in cima alla lista delle numerose indagini su vasta scala incaricate dal presidente Putin ai funzionari russi, ma non sono da escludere potenziali effetti naturali legati allo sviluppo di alghe microscopiche.

Il timore principale è che si sia verificata una fuoriuscita di sostanze chimiche velenose da uno dei depositi sotterranei dell’era sovietica, in particolare il sito di stoccaggio di Kozelsky. Aperto nel 1979, il deposito oggi non possiede alcun proprietario legale e non è sorvegliato. Stando ai resoconti ufficiali, contiene circa 108 tonnellate di sostanze chimiche velenose, ha evidenziato Ivan Blokov di Greenpeace Russia, ma dopo il disastro si è scoperto che alcune sezioni della copertura protettiva sono danneggiate.

Articolo di Erika del 09 Ottobre 2020 alle ore 19:43

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