Da diverse settimane a Nuova Delhi e in molte altre città dell’India, del Pakistan e del Bangladesh, la visibilità è estremamente ridotta a causa dell’elevatissima concentrazione di inquinanti nell’aria.
Ogni anno, a partire dal mese di ottobre, i principali centri urbani della vasta regione asiatica sperimentano sistematicamente un drastico peggioramento della qualità dell’aria. Durante i mesi più freddi le emissioni di inquinanti dovuto al traffico, al riscaldamento e alla combustione degli scarti del raccolto, producono un rapido aumento della presenza di particolato nell’aria.
Come mostrato nella mappa, la concentrazione massima di inquinanti si registra lungo il fiume Indo. Qui centinaia di milioni di persone respirano aria di pessima qualità almeno dall’inizio di gennaio.
Gli scienziati del Copernicus Atmosphere Monitoring Service (CAMS) monitorano costantemente i livelli di inquinanti quali il PM 2.5, il biossido di azoto, l’anidride solforosa, il monossido di carbonio e l’ozono troposferico. Le informazioni ottenute dalle osservazioni satellitari sono combinati ai modelli numerici per effettuare previsioni sulla qualità dell’aria fino a 5 giorni.
Nel caso dell’India e della sua “stagione dello smog” la tendenza purtroppo può essere facilmente estesa: secondo gli scienziati l’emergenza rientrerà solo a partire da marzo, quando le temperature torneranno ad aumentare.
Gli effetti sulla salute sarebbero estrememnte gravi: un recente studio condotto ad Harvard e pubblicato su Environmental Research correla all’inquinamento atmosferico nel subcontinente indiano circa 2.5 milioni di morti all’anno.
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