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La “plastisfera” potrebbe essere causa di nuove epidemie tra gli esseri umani.
L’inquinamento da plastica oggi è un problema di portata globale che preoccupa soprattutto per la contaminazione profonda dei mari e la minaccia che costituisce per la salute della fauna marina e degli esseri umani. La presenza di questo materiale nell’ambiente è a dir poco invasiva: si stima addirittura che nel 2050 la massa totale delle microplastiche negli oceani supererà quella dei pesci.
Oltre al danno inferto alle creature marine, che vediamo sempre più spesso vittime di questa vera e propria invasione, e la contaminazione delle reti alimentari che coinvolgono anche l’uomo, una nuova minaccia potrebbe provenire dai batteri che proliferano sui rifiuti di plastica in mare. Gli scienziati l’hanno chiamata “plastisfera”, un vero e proprio ecosistema che si sviluppa grazie alla colonizzazione da parte di organismi quali batteri, virus, funghi, microalghe, crostacei ed invertebrati.
Già nel 2013 gli esperti avevano individuato il biofilm che si forma sulla plastica in mare, suscitando diverse preoccupazioni riguardo la proliferazione di agenti patogeni. Uno studio del 2016 ha poi sollevato ulteriori timori a causa della scoperta dei batteri della famiglia dei vibrioni, responsabili del colera. In seguito, uno studio su alcuni rifiuti di plastica nella regione antartica ha rilevato la presenza di batteri resistenti agli antibiotici, un dato ancora più allarmante che ha richiamato l’attenzione sui rischi provenienti da questi ecosistemi in crescita.
A differenza di altri materiali biodegradabili, la plastica permane negli ambienti per tempi estremamente lunghi. Ciò consente ai batteri di proliferare e di viaggiare attraverso i mari percorrendo lunghissime distanze. Per questo motivo il problema di batteri specifici come i vibrioni unito alla resistenza agli antibiotici richiede un’azione urgente, osserva l’eco-tossicologa del Consiglio nazionale delle ricerche francese Ika Paul-Pont in una pubblicazione sul giornale Les Echos. Non è da escludere che i rifiuti di plastica potrebbero diventare vettori di nuove epidemie tra gli esseri umani.
Un esempio concreto dei rischi legati alla plastisfera è lo tsunami che nel 2017 provocò la catastrofe di Fukushima. Dopo il disastro, le analisi delle acque lungo la costa occidentale degli Stati Uniti rivelarono la presenza di 289 nuove specie di organismi proliferati lungo la superficie di pezzi di plastica che erano stati trasportati dalle correnti e provenivano proprio dalle acque nipponiche.
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