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Gli inverni nell’emisfero boreale potrebbero arrivare a durare meno di due mesi, influenzando quasi ogni aspetto della vita sulla Terra.
Per molti l’estate è la stagione più attesa dell’anno e spesso preferita rispetto all’inverno, con una durata di circa 92 giorni nell’emisfero boreale. Entro la fine di questo secolo, però, la durata dell’estate nell’emisfero nord potrebbe arrivare a raddoppiare, con inverni molto più brevi a causa del riscaldamento globale. Ma cosa succederebbe se le quattro stagioni cambiassero così radicalmente?
Uno studio pubblicato recentemente su Geophysical Research Letters afferma che nel 2100 estati lunghe 6 mesi potrebbero diventare la norma, stando al trend attuale di riscaldamento. Gli inverni potrebbero durare meno di 2 mesi all’anno e anche primavera e autunno sarebbero di conseguenza più brevi. Questi drastici cambiamenti avrebbero un impatto di vasta portata su gran parte della vita sulla Terra, influendo sui cicli naturali, sul comportamento degli animali e sulla loro sopravvivenza, sull’agricoltura. Inoltre, come gli scienziati avvertono da tempo, gli eventi meteorologici estremi aumenterebbero, con incendi più devastanti, tempeste e siccità più estreme.
“È probabile che le zanzare tropicali portatrici di virus si espandano verso nord e causino focolai esplosivi durante le estati più lunghe e calde”, osservano i ricercatori nel documento. Questi ed altri potenziali impatti sono un campanello d’allarme su come le stagioni si trasformano con il cambiamento climatico e su quale sarà la durata e la modalità di questa trasformazione in futuro.
Per saperne di più, i ricercatori hanno esaminato i dati storici sulla temperatura giornaliera dal 1952 al 2011 nell’emisfero settentrionale, con particolare attenzione all’inizio delle nuove stagioni meteorologiche anno dopo anno. Il team ha scoperto che, in media, l’estate si è allungata da 78 a 95 giorni nel periodo analizzato, mentre l’inverno si è ridotto da 76 a 73 giorni. Anche le stagioni intermedie si sono ridotte, con la primavera da 124 a 115 giorni e l’autunno da 87 a 82 giorni. Di conseguenza, le temperature di tutte le stagioni sono cambiate durante quel periodo, diventando più calde.
Gli autori della ricerca hanno quindi previsto in base ai modelli climatici le probabilità che le stagioni cambino in futuro: nello scenario “business as usual”, ovvero in mancanza di sforzi per mitigare il riscaldamento globale, la primavera e l’estate inizieranno un mese prima del 2100 rispetto al 2011, mentre l’autunno e l’inverno tarderanno di un mese. L’emisfero settentrionale trascorrerà così più della metà dell’anno in un clima estivo, con temperature sempre più calde.
Per qualcuno potrebbe non sembrare così grave, ma le conseguenze sugli ecosistemi sarebbero enormi: dallo sconvolgimento dei raccolti al cambiamento nelle migrazioni degli uccelli, ogni aspetto della biosfera terrestre sarebbe toccato. L’unico modo per prevenire i cambiamenti più drastici, scrivono gli autori, è intervenire subito sulla riduzione delle emissioni di carbonio a livello globale e contenere così l’aumento delle temperature.
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