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Oggi 22 marzo è la Giornata mondiale dell’acqua, una data istituita dalle Nazioni Unite nel 1992 per ricordare l’importanza di questo bene essenziale e prezioso e mettere al centro del dibattito internazionale i problemi e conflitti legati al cosiddetto “oro blu”. Attualmente, oltre un miliardo di persone non ha accesso garantito all’acqua potabile, un bambino su cinque muore di sete o per malattie legate all’acqua non sicura, il 40% della popolazione globale convive con la carenza idrica. La scarsa disponibilità d’acqua è all’origine di oltre 50 conflitti nel mondo, secondo l’ONU, di cui 37 armati.
Day Zero e sprechi
La questione del rischio idrico è ancora oggi sottovalutata o oggetto di indifferenza, nonostante il Day Zero, ovvero il giorno in cui le risorse di acqua si esauriranno, non sia poi così lontano. Gli sprechi d’acqua sono ancora un problema consistente in gran parte del mondo, mentre molte aree a rischio hanno già sperimentato la possibilità di restare completamente prive di acqua. Questo accade in Brasile, India, Sud Africa e non solo. Eppure, soltanto il 2,5% dell’acqua sulla Terra è dolce, ma ciò non sembra sufficiente a limitare gli sprechi.
Secondo l’Organizzazione Mondiale della Sanità (OMS), lo spreco idrico va considerato da un consumo di oltre 50 litri d’acqua giornalieri. In Italia, avverte l’Istat, il consumo medio è di circa 245 litri quotidiani pro capite, vale a dire uno spreco enorme, se si pensa che soltanto l’1% in media viene utilizzato per bere e il 39% per doccia e bagno. Lavarsi i denti con il rubinetto aperto, ad esempio, può causare uno spreco di oltre 30 litri d’acqua. Oltre alle abitudini domestiche, in Italia gioca un ruolo primario anche il malfunzionamento delle reti idriche, che genera mediamente a livello nazionale una dispersione del 40% dell’acqua.
Conflitti armati in crescita
“Se le guerre del XX secolo sono state combattute per il petrolio, quelle del XXI secolo avranno come oggetto l’acqua”, aveva previsto l’ex vicepresidente della Banca Mondiale Ismail Serageldin nel 1995. Nell’ultimo decennio, infatti, il mondo ha visto raddoppiare i conflitti armati per il controllo delle falde acquifere e dei corsi d’acqua, aggravati dalla crescita costante della popolazione e dal cambiamento climatico.
L’oro blu è stato una delle cause del lunghissimo conflitto siriano, ad esempio, dove la siccità (insieme alla religione, l’etnia e il potere) è stata determinante, decimando i raccolti negli anni precedenti e costringendo un milione e mezzo circa di persone a spostarsi nei centri abitati. Anche nel conflitto tra israeliani e palestinesi l’acqua è stata un tema fondamentale, a causa della lotta per l’approvvigionamento al fiume Giordano.
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