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La gigantesca nave da cargo è rimasta arenata nel canale per giorni, bloccando il passaggio di oltre 300 imbarcazioni.
Dopo 6 giorni di fermo la nave da cargo incagliata nel Canale di Suez è stata finalmente liberata. È accaduto nella mattinata del 29 marzo, grazie alle operazioni delle squadre di recupero, che l’hanno “riorientata per l’80% nella giusta direzione”, ha comunicato il direttore dell’Autorità del Canale di Suez, Osama Rabie. La Ever Given, lunga 400 metri per un peso di 220mila tonnellate, partiva dalla Cina per i Paesi Bassi e sarebbe rimasta arenata a causa dei forti venti e della scarsa visibilità dovuta ad una tempesta di sabbia.
L’incidente, che ha coinvolto una delle navi portacontainer più grandi al mondo, ha provocato uno stallo dei traffici marittimi, bloccando oltre 300 navi provenienti da diversi paesi nel Mar Rosso. Gran parte di queste trasportavano merci, dal petrolio ai prodotti alimentari, ma sono state segnalate anche navi con a bordo bestiame. L’avvenimento ha creato il caos, bloccando le catene di approvvigionamento globale e mostrando la fragilità che caratterizza il complesso meccanismo del commercio odierno.
Il Canale di Suez è un punto cruciale per il passaggio delle merci e delle risorse energetiche per tutto il mondo. Il 12% del commercio globale passa per questo stretto artificiale, più il 7% del commercio di greggio. Il danno arrecato da una sola imbarcazione arenata, oltre al disastro che ha coinvolto centinaia di navi, è deducibile dall’immediato aumento del prezzo del petrolio sul mercato internazionale a pochissime ore dall’incidente, che ha superato i 60 dollari a barile, registrando un aumento del 5%.
Con la crisi della pandemia, che già aveva messo a dura prova le catene di approvvigionamento, ora si teme una forte ripercussione sul costo dei beni di consumo a causa dello stravolgimento dei traffici marittimi. L’avvenimento di questi giorni mostra non solo la caducità del mercato legato all’industria fossile, ma soprattutto la complessità e la fragilità dei sistemi creati secondo il modello “Just in time”, dove è bastata una sola nave per compromettere l’intera logistica internazionale.
Una singola “rottura” è stata sufficiente per rendere evidente la lacuna che si cela dietro al soddisfacimento immediato dei bisogni di consumo con un click. Un sistema nato dalla scelta globale di rincorrere un’idea basata su ritmi sempre più veloci e distanze sempre più brevi, ma caratterizzato da un equilibrio molto più fragile di quanto si potesse immaginare.
Senza dubbio, l’incidente nel Canale di Suez spinge a riflettere su quanto oggi, soprattutto con la pandemia, sia fondamentale ripensare i nostri modelli di sviluppo in favore di una vita più sostenibile, strutturando i sistemi economici e di consumo nell’ottica di evitare quelle che potrebbero essere potenziali fonti di nuove crisi internazionali e globali.
Fonte: Icona Clima.
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