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Il gigante ai confini del Sistema Solare potrebbe trovarsi in un luogo diverso rispetto alle previsioni.
Nel 2016 uno studio pubblicato su The Astronomical Journal dagli astronomi Konstantin Batygin e Michael Brown del California Institute of Technology (Caltech) esponeva il caso del pianeta X, un gigante ai confini del Sistema Solare ancora sconosciuto. Ora una nuova scoperta suggerisce che il pianeta Nove potrebbe avere un’orbita molto più ellittica di quanto si pensasse e trovarsi in tutt’altro luogo rispetto alle ipotesi, basate su oggetti situati oltre l’orbita di Nettuno.
Gli Extreme Trans-Neptunian Objects (ETNO), così chiamati dagli astronomi, percorrono enormi orbite ellittiche attorno al Sole, non si incrociano mai più vicino al Sole dell’orbita di Nettuno a 30 unità astronomiche (UA) e oscillano a 150 UA, secondo le previsioni. Attraverso una serie di simulazioni, Batygin e Brown hanno scoperto che queste orbite potrebbero condividere il perielio, il punto dell’orbita più vicino al Sole, un fenomeno possibile grazie all’influenza gravitazionale di un grande pianeta vicino.
La teoria del pianeta Nove ha suscitato scetticismo tra molti astronomi, che ritengono improbabile l’esistenza dell’oggetto. Ma nuove informazioni potrebbero cambiare i punti di vista.
Il rilevamento iniziale del pianeta X si basava sul comportamento di soli 6 ETNO, oggetti peraltro piccoli e difficili da rilevare. Nel tempo, però, sono stati scoperti altri ETNO, per un totale di 19 oggetti, con la possibilità di fornire più dati da analizzare per calcolare le caratteristiche del pianeta sconosciuto.
La massa e l’eccentricità orbitale del pianeta sono state oggetto di revisione più volte nel corso delle ricerche, portando gli astronomi ad una conclusione: nel continuo e incessante sondaggio del modello “mancava la fisica essenziale”, hanno affermato.
Nelle loro simulazioni, i ricercatori presumevano che qualsiasi oggetto che si muove a più di 10.000 UA dal sole sia perso nello spazio. Ciò che non avevano considerato erano le condizioni di un neonato Sistema Solare, dove il nostro sole si sarebbe formato insieme ad altre stelle in una densa nuvola nota come Nube di Oort.
Il Sistema Solare avrebbe formato una sezione interna della Nube di Oort, con oggetti che orbitano tra 2.000 a 100.000 UA dal Sole. La formazione di pianeti giganti come Saturno e Giove avrebbe lanciato detriti al di fuori del Sistema Solare, verso lo spazio interstellare, spinti a loro volta verso il Sole dalle perturbazioni gravitazionali delle stelle di passaggio.
Considerando questi aspetti fisici, i ricercatori hanno scoperto che gli oggetti interni alla Nube di Oort, soggetti a spostamenti che avvengono in scale temporali di miliardi di anni, possono facilmente interagire con oggetti distanti della fascia di Kuiper – la regione del Sistema Solare che si estende dall’orbita di Nettuno fino a 50 UA dal Sole – e persino presentare raggruppamenti orbitali.
Ciò significa che alcuni degli ETNO identificati potrebbero in effetti aver avuto origine nella Nube di Oort, sebbene tali raggruppamenti sarebbero più deboli rispetto a quelli provenienti dalla fascia di Kuiper, secondo le simulazioni. Il fenomeno sarebbe spiegato quindi da un’orbita più ellittica e grande del Pianeta Nove rispetto a quanto si ipotizzava in precedenza.
Data la distanza e la debolezza del Pianeta Nove, le possibilità di individuarlo sono comunque basse, spiegano i ricercatori. Ma le nuove scoperte possono essere utilizzate per perfezionare i modelli esistenti e restringere il campo di ricerca di questo oggetto sfuggente, o meglio, impedire di cercarlo dove non potrebbe essere.
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