Aumentano i fulmini al Polo Nord: perché non è una buona notizia?

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Secondo gli scienziati, il fenomeno dei fulmini nella regione artica potrebbe raddoppiare entro la fine del secolo.

Un fenomeno tipico delle regioni calde che diventa comune nel Polo Nord non è qualcosa di rassicurante per gli esperti. L’Artico si sta riscaldando al doppio della velocità rispetto al resto del pianeta e l’aumento di fulmini nella regione è un altro sintomo dei circuiti di feedback che si innescano a causa del cambiamento climatico: più è calda la temperatura, più è veloce lo scioglimento dei ghiacci, meno è la capacità riflettente della luce solare. E così l’Artico assorbe sempre più calore, mentre aumenta il rilascio di gas serra dal permafrost.

L’aumento di fulmini nella regione è legato a questo processo, che secondo i nuovi modelli è destinato a peggiorare. Gli scienziati avvertono che entro la fine del secolo il fenomeno potrebbe raddoppiare, con rischi sempre maggiori per il riscaldamento e gli incendi. Si tratta di una trasformazione preoccupante, in un luogo che sta evolvendo in modo estremamente rapido.

In condizioni di stabilità, le temperature artiche dovrebbero contenere lo sviluppo di temporali e quindi di fulmini, che richiedono una quantità elevata di calore in atmosfera. Tuttavia, il fenomeno tipico dei tropici si sta diffondendo nella regione: “con il riscaldamento della superficie, avrai più energia per spingere aria calda verso l’alta latitudine”, spiega l’autore principale dello studio e climatologo della UC, Irvine Yang Chen. E un’atmosfera più calda trattiene più vapore acqueo, creando le condizioni ideali per la formazione di temporali.

Uno degli aspetti più preoccupanti di ciò che sta accadendo nell’Artico è l’aumento del rischio di incendi. “L’ondata di caldo del 2020 nell’Artico russo mostra come, anche alle alte latitudini, si possano sviluppare condizioni climatiche molto calde che possono portare a incendi che bruciano intensamente e possono crescere fino a diventare molto grandi“, osserva Isla Myers-Smith, ecologa dell’Università di Edimburgo.

La caratteristica degli incendi artici è che coinvolgono un suolo contenente una grande quantità di carbonio, pertanto le fiamme possono bruciare in profondità nel terreno anche per mesi. Non a caso vengono chiamati “incendi zombi”, che persistono silenziosamente nel terreno e rilasciano enormi quantità di gas serra.

Il quadro viene poi peggiorato dall’aumento di arbusti e vegetazione fuori terra, che riducono la riflettanza del paesaggio assorbendo più luce solare e calore. A sua volta, un paesaggio più scuro significa un maggiore scioglimento del permafrost, il quale contiene circa un terzo del carbonio immagazzinato nel suolo di tutto il mondo.

Nella previsione di paesaggi più scuri e verdi, il fenomeno dei fulmini non può che aumentare, avvertono i ricercatori. Da un lato, l’aumento delle precipitazioni potrebbe mitigare il riscaldamento, al contrario di quanto avverrebbe con temporali che producono soltanto fulmini, mentre la crescita delle foreste potrebbe assorbire una parte del carbonio in atmosfera. Non sarebbe sufficiente, però, a bilanciare il rilascio causato dal riscaldamento del permafrost: l’unica soluzione resta quella di ridurre le nostre emissioni.

Articolo di Erika del 18 Aprile 2021 alle ore 13:20

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