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Le tempeste tropicali sono eventi tipici nel Nord Atlantico, con le aree costiere che periodicamente rischiano di essere colpite anche in modo devastante. Alcune aree sono però più vulnerabili di altre ai danni degli uragani, nonché soggette a eventi distruttivi. Capita di domandarci perché alcuni luoghi siano ripetutamente colpiti da queste tempeste: non è un caso, ma la conseguenza di condizioni precise.
Perché una tempesta tropicale si trasformi in uragano sono necessari tre fattori: temperatura superficiale dell’acqua di almeno 26,5 °C, uno spesso strato di umidità che si estende per circa 6 km dalla superficie del mare e un certo gradiente del vento (wind shear) che consente alla tempesta di crescere costantemente in senso verticale.
Queste condizioni favorevoli sono più comuni nelle acque tropicali al largo della costa occidentale dell’Africa. Tuttavia i cicloni possono formarsi anche nel Golfo del Messico e nei Caraibi, con la differenza che quelli che si sviluppano vicino all’Africa hanno migliaia di chilometri a disposizione per attingere l’energia necessaria che può trasformarli in potenti uragani.
Condizioni atmosferiche
Gran parte delle tempeste tropicali vengono spinte dai venti in direzione ovest verso i Caraibi, la Florida e il Golfo del Messico. Altre possono spostarsi verso nord, dove i venti prevalenti spingono nuovamente verso l’Atlantico, altre ancora possono incontrare temperature oceaniche più fredde che ne causa il decadimento. Ecco perché i cicloni tropicali colpiscono raramente gli stati del nord o l’Europa, sebbene ciò non sia impossibile.
Nell’area del Golfo del Messico e dei Caraibi le condizioni ideali per la formazione dei cicloni si creano all’inizio della stagione, tra giugno e luglio. In genere si tratta di tempeste che si formano piuttosto vicino alla terraferma, colpendo le aree costiere con poco preavviso. Allo stesso tempo, non hanno le condizioni ottimali per guadagnare forza, che si sviluppano andando avanti nella stagione, con le acque superficiali che si riscaldano progressivamente durante l’estate.
Man mano che ci si avvicina ai mesi di picco della stagione, tra agosto e ottobre, la frequenza delle tempeste aumenta, così come la possibilità che si formino uragani devastanti. Verso la fine della stagione, i venti alisei iniziano a spostarsi da ovest a est, le temperature oceaniche iniziano a scendere e i fronti freddi possono aiutare a deviare le tempeste dal Golfo occidentale verso la Florida Panhandle.
Fondale marino e distruttività
La morfologia del fondale marino può svolgere un ruolo primario nella trasformazione delle tempeste in uragani distruttivi. Se la forza degli uragani è misurata esclusivamente sulla velocità massima del vento sostenuto, bisogna considerare che questi spostano anche grosse quantità di acqua nell’oceano, che raggiungono le coste ancora prima della tempesta.
Le inondazioni causate dagli uragani sono spesso la più grande minaccia per la vita legata a questi eventi e rappresentano il 49% delle vittime dal 1963 al 2012. Se la piattaforma continentale dove colpisce l’uragano è poco profonda e degrada dolcemente, la mareggiata può risultare maggiore rispetto ad una piattaforma più ripida. Un uragano che colpisce la costa del Golfo del Texas e della Louisiana, ad esempio, che ha una piattaforma continentale molto ampia e poco profonda, può produrre un’onda di circa 6 metri. Lo stesso uragano lungo la costa atlantica, dove la piattaforma continentale scende molto rapidamente, produrrebbe un’onda di circa 3 metri.
Cambiamento climatico
Con l’aumento delle temperature globali e il riscaldamento degli oceani, la frequenza delle tempeste tropicali potrebbe aumentare, non solo per le regioni abitualmente interessate da questi eventi. Anche il carattere devastante potrebbe risentire del cambiamento climatico a causa delle condizioni favorevoli e prolungate.
Tra il 1972 e il 1977, l’Atlantico ha registrato una media di 4 eventi diretti all’anno, di cui il 75% si è verificato nelle aree soggette a uragani, come Stati Uniti meridionali, Caraibi e America Centrale, mentre 6 tempeste si sono abbattute altrove, come in New England, Canada e Azzorre.
Nel periodo 2014-19, la media annuale è aumentata a 7,6 eventi, con la maggior parte negli Stati Uniti, ma allo stesso tempo un incremento dei cicloni che si sono abbattuti in Europa. Anche i grandi uragani, con velocità del vento sostenuta di 170 km orari e oltre, sono diventati più comuni rispetto ai decenni precedenti. È importante precisare che, sebbene le aree costiere meridionali degli Stati Uniti siano più vulnerabili agli impatti dei cicloni tropicali, un uragano può colpire ovunque lungo le coste dell’Atlantico.
Quest’anno, secondo il National Hurricane Center, assisteremo probabilmente ad un’altra stagione di uragani atlantici particolarmente intensa, anche se non dovrebbe ripetersi il record di 30 tempeste nominate del 2020. È probabile che, a causa del cambiamento climatico, la media di questi eventi tenda ad aumentare progressivamente, e forse ad interessare più spesso altre regioni.
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