“Covid litter”: cosa succede in Europa

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Insieme ai rifiuti di plastica monouso crescono anche le emissioni di gas serra legate alla produzione e all’importazione dei DPI e degli imballaggi di plastica per uso principalmente alimentare.

La pandemia di Covid-19 ha determinato nelle società europee e nel mondo intero una serie di difficoltà e questioni complesse a livello sanitario, economico, sociale e ambientale, mettendo a dura prova svariati settori che ancora risentono della crisi mondiale. Uno degli aspetti preoccupanti legati alla pandemia è stato da subito l’aumento esponenziale di rifiuti PPE legato alla massiccia produzione di dispositivi di protezione individuale, nonché all’incentivazione di imballaggi monouso e confezionamenti per i generi alimentari, prevalentemente in plastica.

Il nuovo briefing della European Environment Agency (EEA), analizza gli effetti della “Covid litter” sull’ambiente europeo, in particolare dell’uso di alcuni prodotti in plastica monouso, che contribuiscono alla dispersione di rifiuti nell’ambiente e nei mari e alle emissioni di gas serra. La necessità di proteggersi dalla diffusione del virus ha portato in primo luogo ad un maggiore utilizzo di prodotti realizzati con plastica monouso di lunga durata, secondo lo studio, che essenzialmente è in grado di permanere nell’ambiente per centinaia di anni.

L’incremento nell’uso e nella produzione di questi dispositivi – principalmente guanti, mascherine, flaconi di disinfettante, imballaggi alimentari e di vario genere – ha provocato ulteriori gas serra e altre emissioni, oltre a rifiuti dispersi nell’ambiente che sono nocivi per ecosistemi e animali. Oltre alla produzione interna, anche le importazioni di DPI nell’Unione Europea sono più che raddoppiate nel primo semestre della pandemia, con circa 170.000 tonnellate in più di mascherine monouso importate, con relative emissioni di gas serra e altre forme di inquinamento. Lo studio mostra inoltre che le mascherine in cotone riutilizzabili siano più eco-compatibili dopo circa 13 lavaggi, ma precisa che il livello di protezione garantito potrebbe essere inferiore ai dispositivi monouso.

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Nel caso degli imballaggi di plastica, la produzione interna nell’UE è diminuita rapidamente durante i primi mesi della pandemia, per poi aumentare nuovamente nell’ottobre 2020, quando è cresciuto il ricorso al take-away e alle consegne a domicilio dei generi alimentari, aumentando l’utilizzo di contenitori per alimenti in plastica monouso. Tuttavia, evidenzia l’EEA, potrebbero essere diminuite allo stesso tempo le vendite complessive di snack da asporto, riducendo la necessità di plastica in tal senso.

Il brieging mostra anche la necessità di prepararci a livello europeo – ma anche globale – per possibili interruzioni future e incertezze, incentivando la ricerca su materiali alternativi, studiando accurate strategie per ridurre i rifiuti, sensibilizzando la popolazione al corretto smaltimento dei rifiuti, migliorando i sistemi di riciclaggio, optando per un migliore monitoraggio dei dati sui rifiuti. “Una lezione importante dalla pandemia di Covid-19 è che dovremmo prepararci ora per potenziali eventi dirompenti in un futuro incerto”, si legge nel rapporto. “Questo dovrebbe includere strategie per affrontare gli impatti ambientali e climatici delle risposte, come gli impatti dei dispositivi di protezione medica e degli imballaggi”.