Clima: 5 cose che abbiamo imparato dal nuovo rapporto IPCC

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Il cambiamento climatico è globale e in aumento

Non è un problema del futuro, ma un fenomeno in atto che riguarda ogni regione del mondo, come sottolineano gli autori dell’Intergovernmental Panel on Climate Change (IPCC) delle Nazioni Unite nel nuovo rapporto. Gli effetti del riscaldamento del pianeta oggi non sono più una previsione, ma una condizione reale almeno per il 90% delle probabilità in termini scientifici.  

Secondo il professor Arthur Petersen dell’University College London (UCL), co-autore dello studio, si tratta del “rapporto IPCC più forte mai realizzato”, in termini di chiarezza e solidità. Il punto inequivocabile riguarda proprio la responsabilità dell’umanità nel cambiamento climatico, sulla quale non sembrano più esserci dubbi.

Il limite di 1,5 °C potrebbe significare sopravvivenza

Alla pubblicazione del rapporto IPCC sulla scienza del cambiamento climatico nel 2013, l’idea che 1,5 °C fosse il limite “di sicurezza” globale per il riscaldamento era a malapena presa in considerazione. È stato nel 2015, durante i negoziati politici che hanno portato all’Accordo di Parigi, che molti paesi in via di sviluppo e stati insulari – maggiormente a rischio – hanno spinto per questo limite di temperatura, poiché rappresentava per loro una questione di sopravvivenza.

Variazione della temperatura media globale prevista rispetto ai valori 1850-1900, in base a diversi scenari di riscaldamento.

Nel 2018, un rapporto speciale ha mostrato gli enormi vantaggi di contenere il riscaldamento entro 1,5 °C piuttosto che a 2°C, illustrando al contempo gli sforzi ambiziosi necessari per raggiungere tale obiettivo, che prevedono essenzialmente di dimezzare le emissioni di carbonio globali entro il 2030 e raggiungere zero emissioni nette entro il 2050. In caso contrario, il limite di temperatura verrebbe raggiunto tra il 2030 e il 2052.

Il nuovo rapporto IPCC conferma questa constatazione, riducendo la finestra di possibilità a circa un decennio e fissando il raggiungimento della soglia limite al 2040. Il limite di 1,5 °C non va comunque inteso come “il bordo di una scogliera” dove improvvisamente tutto diventerebbe catastrofico, spiega la dott.ssa Amanda Maycock dell’Università di Leeds, co-autore dello studio. “Lo scenario di emissioni più basso che valutiamo in questo rapporto mostra che il livello di riscaldamento si stabilizzerebbe intorno o al di sotto di 1,5 °C più avanti nel secolo”, afferma Maycock. “Se questo fosse il percorso che seguiremmo, allora gli impatti sarebbero significativamente evitati”.

Il livello dei mari aumenterà in ogni caso

Finora gli scenari illustrati dall’IPCC si sono rivelati piuttosto prudenti nel valutare il rischio legato all’innalzamento del livello del mare causato dallo scioglimento delle calotte glaciali della Groenlandia e dell’Antartide, ricevendo persino critiche per una possibile sottostima degli impatti correlati. Non si può dire lo stesso dal nuovo rapporto, che mostra anzi scenari ancora più drammatici di quanto previsto: in base ai trend attuali, i mari potrebbero aumentare di 2 metri entro la fine del secolo e fino a 5 metri entro il 2150.

L’aumento del livello del mare è considerato un fenomeno inarrestabile. Nello scenario migliore, l’innalzamento potrebbe mantenersi al di sotto di un metro entro la fine del secolo.

Si tratta di previsioni pessimistiche, ma non improbabili in condizioni di elevate emissioni di gas serra. Lo scenario, in ogni caso, sarebbe critico anche con un significativo abbattimento delle emissioni, secondo i modelli, e le acque continuerebbero a salire anche se restassimo entro 1,5 °C di riscaldamento entro il 2100.

Gli effetti a catena di un innalzamento contenuto sarebbero comunque enormi, con un netto aumento delle probabilità che si verifichino eventi estremi, come quelli che osserviamo mediamente una volta ogni secolo, che potrebbero verificarsi fino a una o due volte al decennio. “Le informazioni che forniamo in questo rapporto sono estremamente importanti per tener conto e prepararsi a questi eventi”, avverte Valérie Masson-Delmotte, co-presidente del team che ha preparato il rapporto.

Gli scienziati sono più sicuri di come contrastare il cambiamento climatico

Una buona notizia, nonostante gli avvertimenti siano sempre più spaventosi e preoccupanti. Una maggiore certezza nei dati e nei provvedimenti più adeguati permetterebbe di ambire a determinati risultati, creando più possibilità per mitigare il riscaldamento globale. Rispetto al rapporto del 2013, dove la sensitività climatica conduceva ad un riscaldamento che variava da 1,5 °C a 4,5 °C se le emissioni raddoppiassero, nel nuovo rapporto la gamma si è ridotta a 3 °C come aumento più probabile.

Le concentrazioni di CO2 vengono assorbite in misura diversa tra suolo, oceani e atmosfera. Nello scenario di emissioni peggiore, gran parte della CO2 si accumula nell’atmosfera, dove è in grado di trattenere una maggiore quantità di calore favorendo quindi il riscaldamento globale.

“Ora siamo in grado di vincolarlo con un buon livello di certezza e quindi lo utilizziamo per fare previsioni molto più accurate”, ha affermato il prof. Piers Forster dell’Università di Leeds e autore del rapporto. “In questo modo, sappiamo che lo zero netto darà davvero risultati”.

Un dato rilevante risiede in particolare nel ruolo del metano, il quale costituisce una fetta essenziale di emissioni, con un contributo di 0,3 °C su 1,1 °C di riscaldamento che si è già verificato, secondo l’IPCC. Ridurre queste emissioni, provenienti dall’industria petrolifera e del gas, dall’agricoltura e dalla coltivazione del riso, potrebbe rappresentare una grande vittoria a breve termine.

“Il rapporto annulla ogni restante dibattito sull’urgente necessità di ridurre l’inquinamento da metano”, ha affermato Fred Krupp, della Fondazione per la difesa ambientale degli Stati Uniti. “Ogni frazione di grado è importante e non esiste un modo più veloce e più realizzabile per rallentare il tasso di riscaldamento che tagliare le emissioni di metano causate dall’uomo”.

Il rapporto sarà cruciale per la COP26

La pubblicazione del documento a soli due mesi dalla conferenza sul clima a Glasgow suggerisce un ruolo probabilmente fondamentale per i negoziati climatici, come è accaduto nel 2013 e nel 2014 aprendo la strada all’Accordo di Parigi. Il nuovo studio è molto più forte e sicuro delle conseguenze di una mancata azione politica, il che potrebbe smuovere più provvedimenti legali in caso di uno scenario negativo post COP26.

L’influenza delle attività umane sul riscaldamento del pianeta appare oggi inequivocabile e riporta valori mai osservati prima.

 “Non lasceremo che questo rapporto venga archiviato da un’ulteriore inazione”, ha affermato Kaisa Kosonen, consigliere politico senior di Greenpeace Nordic. “Rafforzando le prove scientifiche tra le emissioni umane e le condizioni meteorologiche estreme, l’IPCC ha fornito a tutti, ovunque, mezzi nuovi e potenti per ritenere l’industria dei combustibili fossili e i governi direttamente responsabili dell’emergenza climatica”.

La scienza dell’IPCC può rivelarsi davvero efficace nella lotta al cambiamento climatico di origine antropica, basta guardare alla recente vittoria giudiziaria ottenuta dalle ONG contro Shell. Ora l’atteggiamento generale nei confronti della crisi climatica potrebbe effettivamente cambiare e condurre ad azioni più efficaci.

Articolo di Erika del 10 Agosto 2021 alle ore 15:33

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