Il fumo causato dagli incendi ha un tasso di mortalità estremamente elevato: si registrano decessi anche a 1000 chilometri di distanza dal luogo di origine.
Tra il 2000 e il 2016 sono state segnalate oltre 65 milioni di morti premature, e la maggior parte di esse è avvenuta in luoghi con livelli di PM2.5 particolarmente elevati.
Una recente ricerca giapponese ha dimostrato come, ogni anno, sono mediamente 33.500 i decessi prematuri correlabili alle alte concentrazioni di PM2.5 nell’atmosfera, spesso e volentieri causate dalle emissioni degli incendi.
Il sottile particolato chimico scaturito da incendi boschivi risulta essere estremamente dannoso per il corpo umano, con una composizione chimica che lo rende addirittura più tossico rispetto a quello prodotto dagli incendi urbani. Inoltre, le piccole dimensioni di queste particelle ne facilitano il trasporto, causando danni fino a 1000 chilometri di distanza dal luogo di origine dell’incendio.
I paesi più colpiti, secondo lo studio pubblicato su Lancet, sarebbero il Giappone (con 7000 morti l’anno), la Thailandia (5300), il Sud Africa (5200), gli Stati Uniti (3200) e il Messico (1200).
Questo significa che, vista la quantità di incendi che ha colpito il Pianeta quest’estate, molti paesi si ritrovano ad avere un’aria estremamente inquinata, mettendo in pericolo la popolazione.
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