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In futuro potrebbero formarsi più spesso a causa dei picchi di temperatura della superficie dell’oceano.
Il buco che si è aperto nello strato di ozono sopra l’Artico l’anno scorso potrebbe essere stato generato da temperature invernali da record nell’Oceano Pacifico, secondo una nuova analisi pubblicata su Advances in Atmospheric Sciences. Di enormi dimensioni, il buco comprendeva una vasta area del Polo Nord, poi si è ridotto all’inizio della primavera scorsa, ma esiste la possibilità che si formi più frequentemente in futuro.
Grazie a una serie di simulazioni, i ricercatori hanno scoperto che le alte temperature della superficie del mare nel Pacifico settentrionale hanno avuto un ruolo cruciale nell’abbassare la temperatura dei venti occidentali dell’Artico. Questi venti soffiano intensi dall’inverno alla primavera e, se si raffreddano per un periodo abbastanza lungo, possono innescare la formazione di nuvole polari, un elemento chiave nel processo di riduzione dell’ozono sia al Polo Nord che al Polo Sud.
“La perdita record di ozono nell’Artico nella primavera del 2020 indica che le attuali sostanze che lo riducono sono ancora sufficienti a causare un grave impoverimento dell’ozono primaverile nella stratosfera artica”, spiega l’esperto Yongyun Hu dell’Università di Pechino, in Cina. “Questi risultati suggeriscono che è probabile che si verifichi una grave perdita di ozono nel prossimo futuro, purché le anomalie della temperatura superficiale del mare del Pacifico settentrionale o altri processi dinamici siano sufficientemente forti”.
Nella regione antartica non è raro che nel periodo primaverile si formi un enorme buco dell’ozono, ma lo strato artico è solitamente più resistente. Le onde planetarie che si muovono tra l’oceano e l’atmosfera nell’emisfero settentrionale sono molto più forti che nell’emisfero australe, ciò impedisce generalmente ai venti invernali di diventare abbastanza freddi da formare nuvole polari nella stratosfera artica.
Tuttavia, se le acque superficiali del Pacifico settentrionale si riscaldano più della media, alcune onde planetarie possono indebolirsi, riducendo la temperatura del vortice stratosferico. Ed è ciò che sembra si sia verificato nella primavera 2020, secondo lo studio. Senza questo indebolimento, probabilmente non si sarebbe mai formato un buco di quelle dimensioni.
I risultati potrebbero spiegare anche altre perdite di ozono osservate in passato. Nella primavera 2011, ad esempio, un enorme buco si aprì nello strato di ozono artico senza una ragione apparente. Anche in quel caso potrebbe essere stato il riscaldamento del Pacifico settentrionale a innescarne la formazione.
Attualmente, gli scienziati non possono affermare con certezza se questi eventi legati a picchi nelle temperature oceaniche siano dovuti a variabilità naturali o al riscaldamento globale di natura antropica. Ma poiché gli oceani del pianeta continuano ad assorbire sempre più calore, non è da escludere che in futuro i buco nell’ozono artico si formino più frequentemente.
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