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Uno studio dell’università di Harvard afferma che la deformazione interessa aree che si estendono per migliaia di chilometri.
La perdita costante di ghiaccio dalle calotte polari non sta soltanto innalzando il livello del mare globale, ma anche apportando delle modifiche nascoste al nostro pianeta. A suggerirlo è uno studio dell’università di Harvard pubblicato su Geophysical Research Letters, il quale afferma che lo scioglimento dei ghiacci ai poli sta lentamente deformando la crosta terrestre, anche su vasta scala.
Lo strato più esterno del nostro pianeta è sorprendentemente elastico, secondo studi recenti. Le analisi dei ricercatori hanno rivelato che la crosta terrestre tende a rimbalzare verso l’esterno dopo che il ghiaccio soprastante si scioglie, ma non sempre il processo è esattamente reversibile. Alcune deformazioni sembrano permanere nello strato man mano che aumenta il peso del ghiaccio attraverso la Groenlandia, l’Antartide e le isole artiche, coprendo aree che si estendono anche per migliaia di chilometri.
Si tratta di un movimento impercettibile, che avanza di un millimetro all’anno in media, ma esiste e potrebbe anzi rivelarsi pericoloso per gli ecosistemi che vivono in superficie. Inoltre, gli scienziati hanno scoperto che queste deformazioni coprono aree molto più vaste di quanto si pensasse in precedenza, anzi sono un fenomeno da intendere su scala globale e non relativo alle sole regioni ghiacciate.
Ciò che preoccupa particolarmente è il circuito di feedback innescato dagli ghiacci in scioglimento: quando il substrato roccioso sotto il ghiaccio si sposta, questo a sua volta influenza il modo in cui il ghiaccio continua a sciogliersi e a staccarsi. Pertanto, l’avanzare di questo processo non farà che contribuire all’ulteriore scioglimento dei ghiacci.
In generale, questi “rimbalzi” della crosta terrestre possono durare migliaia di anni. “Su scale temporali recenti, pensiamo alla Terra come una struttura elastica, mentre su scale temporali di migliaia di anni, la Terra si comporta più come un fluido che si muove molto lentamente”, spiega la geofisica Sophie Coulson, del Los Alamos National Laboratory nel New Mexico. “I processi dell’era glaciale richiedono molto, molto tempo per svolgersi, e quindi possiamo ancora vederne i risultati oggi”.
Parti della crosta intorno all’Artico, ad esempio, si stanno ancora espandendo in modo estremamente lento dopo che il peso dell’era glaciale, terminata circa 11.000 anni fa, si è ridotto. Oggi, mentre una quantità sempre maggiore di ghiaccio si scioglie a causa dei cambiamenti climatici, le deformazioni si aggravano, creando un paesaggio sempre più complesso.
Comprendere i cambiamenti nella crosta ed essere in grado di monitorarli è fondamentale per una vasta gamma di problemi di scienze della Terra, osserva Coulson, come i movimenti tettonici, i terremoti e altri processi geologici. “Ad esempio, per osservare con precisione i movimenti tettonici e l’attività sismica, dobbiamo essere in grado di separare questo movimento generato dalla moderna perdita di massa di ghiaccio”.
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