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L’elevata concentrazione di emissioni potrebbe portare il pianeta a temperature simili al Massimo Termico del Paleocene-Eocene.
Dal vertice sul clima delle Nazioni Unite a Glasgow (COP26) emergono molti numeri: la soglia di riscaldamento massima di 2 °C, il riscaldamento di 1,1 °C causato dalle emissioni, il budget di CO2 di 400 miliardi di tonnellate, le concentrazioni attuali di CO2 di 415 parti per milione (ppm). Non sempre è facile comprendere il significato di questi numeri, ma lo studio del clima passato può aiutarci a sviluppare dei modelli in base a ciò che è avvenuto naturalmente durante le diverse epoche e migliorare quindi le previsioni su ciò che potrebbe verificarsi in futuro.
I cambiamenti climatici passati sono registrati nei sedimenti dei fondali oceanici e dei laghi, negli affioramenti rocciosi, nelle calotte polari e altri archivi come coralli e alberi. Lo studio di queste firme antiche ha consentito nel tempo di affinare la ricerca e le previsioni sul clima terrestre, e di contestualizzare i numeri coinvolti nei negoziati sul clima.
Uno dei risultati principali attorno al quale si concentra la questione climatica oggi è l’aumento della temperatura globale di 1,1 °C rispetto ai valori preindustriali evidenziato nell’ultimo rapporto dell’Intergovernmental Panel on Climate Change (IPCC), che è la più alta in 120.000 anni circa. Il dato fondamentale è che il picco di caldo tra le ere glaciali risale a circa 125.000 anni fa, ma contrariamente ad oggi, non era guidato dalla CO2, ma da fattori naturali. Inoltre, il tasso di riscaldamento attuale è il più veloce mai osservato in 2000 anni.
Ma la temperatura globale non è l’unico elemento che può essere ricostruito grazie alla documentazione geologica. Alcuni fossili microscopici, come le minuscole bolle di gas intrappolate nel ghiaccio antartico, contengono vitali informazioni sulle concentrazioni passate di CO2 in atmosfera. Oggi sappiamo che i valori attuali di 415 ppm – in epoca pre-industriale erano 280 ppm – non sono mai stati così alti in 2 milioni di anni. Analogamente, i gas serra come metano e protossido di azoto sono oggi presenti in atmosfera con valori mai visti in almeno 800.000 anni.
Ma i massimi negativi non si limitano all’atmosfera terrestre: la copertura glaciale antartica ha raggiunto l’estensione più bassa in almeno 1.000 anni, il tasso di scioglimento dei ghiacciai non ha precedenti in almeno 2.000 anni, l’aumento del livello del mare avanza più velocemente che in 3.000 anni, gli oceani sono insolitamente acidi rispetto agli ultimi 2 milioni di anni.
Tutti questi fattori interconnessi conducono il sistema Terra ad uno stravolgimento dei cambiamenti naturali, che in condizioni stabili avverrebbero nell’arco di milioni di anni. Con l’imponente contributo delle proprie attività, l’umanità è attualmente sulla strada per comprimere milioni di anni di cambiamenti terrestri in una manciata di secoli. Nella proiezione futura peggiore, l’aumento delle emissioni porterebbe ad un riscaldamento tra 6,6 e 14,1 °C entro il 2300, vale a dire una temperatura paragonabile al Massimo termico del Paleocene-Eocene, risalente a circa 55 milioni di anni fa.
In definitiva, i climi del passato ci mostrano che i cambiamenti recentemente osservati in tutti gli aspetti del sistema Terra sono senza precedenti in almeno migliaia di anni. A meno che le emissioni non vengano ridotte rapidamente e drasticamente, il riscaldamento globale raggiungerà un livello che non si vedeva da milioni di anni. Guardare al clima passato può aiutarci ad adottare le strategie più efficaci per affrontare il futuro, ed è ciò che si spera diventi la priorità della COP26.
Fonte: The Conversation.
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