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La Cina, che non è presente alla COP26, prevede di raggiungere le emissioni nette zero entro il 2060.
Mentre i paesi membri sono impegnati nei negoziati climatici alla COP26 in corso a Glasgow, la Cina spinge sull’acceleratore sulla produzione di carbone preparandosi al picco, prima di iniziare quella che dovrebbe essere una significativa discesa delle emissioni per raggiungere lo zero netto nel 2060. Almeno questo è ciò che il presidente Xi Jinping aveva annunciato di voler fare nel suo programma, sebbene non si sia presentato poi alla attuale conferenza sul clima.
In questi giorni una fitta foschia di smog ha ricoperto l’area della Cina settentrionale, con la visibilità stradale ridotta a meno di 200 metri in alcune zone, secondo le previsioni meteorologiche del paese. Venerdì 5 novembre Pechino ha chiuso strade e parchi giochi a causa del forte inquinamento dell’aria, mentre sono state vietate per le scuole lezioni di educazione fisica e attività all’aperto. Anche a Shanghai, Tianjin e Harbin sono stati chiusi tratti di autostrade e strade interne, a causa della scarsa visibilità.
Clima: ecco il piano della Cina per raggiungere le emissioni zero
Ciò che sta accadendo in Cina, il più grande produttore al mondo di gas serra, è una vera e propria impennata delle emissioni in seguito alla spinta nella produzione di carbone, dopo che le catene di approvvigionamento negli ultimi mesi sono state sconvolte da una crisi energetica, a causa di rigidi obiettivi di emissione e prezzi record per il combustibile fossile.
Gli inquinanti rilevati nelle città dalle stazioni di monitoraggio hanno raggiunto livelli definiti “molto malsani” per la popolazione. Le concentrazioni di PM 2,5, un particolato che penetra in profondità nei polmoni e provoca malattie respiratorie, venerdì si aggiravano intorno a 230, mentre il limite raccomandato dall’OMS è di 15.
Le autorità di Pechino hanno affermato che il picco di inquinamento è il risultato di una combinazione con “condizioni meteorologiche sfavorevoli”, che potrebbe persistere almeno fino a sabato sera. Ma “la causa principale dello smog nel nord della Cina è la combustione di combustibili fossili”, sottolinea Danqing Li, responsabile del clima e dell’energia di Greenpeace nell’Asia orientale.
La Cina genera circa il 60% della propria energia dalla combustione di carbone. La produzione media giornaliera di carbone a metà ottobre era di 1,1 milioni di tonnellate superiore rispetto a due settimane prima, secondo una recente dichiarazione del principale ente di pianificazione economica del paese. All’inizio di questa settimana, i depositi nazionali di carbone hanno raggiunto 112 milioni di tonnellate, un “livello normale per l’anno medio”, secondo l’agenzia.
Come molti luoghi in rapida industrializzazione, le città della Cina non sono estranee all’inquinamento atmosferico eccessivo, anche se negli ultimi anni gli episodi gravi sono diventati meno frequenti, poiché le autorità hanno iniziato a dare maggiore priorità alla protezione ambientale. Per affrontare il cambiamento climatico, Pechino prevede di ridurre le emissioni di gas serra a zero entro il 2060, con obiettivi intermedi fissati al 2030 e 2050.
In risposta alle critiche del presidente degli Stati Uniti Joe Biden in merito alla grande assenza della Cina alla COP26, che ha accusato una forte mancanza di leadership, Pechino ha affermato che “le azioni parlano più forte delle parole”. Non resta che sperare che queste azioni si rivelino coerenti.
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