Si tratta di protossido di azoto, un elemento 300 volte più riscaldante della CO2.
Una nuova fonte di protossido di azoto è stata identificata nel permafrost di Yedoma, nella Siberia orientale. Si tratta di un temibile gas serra, il terzo per importanza dopo l’anidride carbonica e il metano, noto anche come ossido nitroso (N2O). L’osservazione è stata fatta da un team internazionale di ricercatori guidati dagli esperti dell’Università della Finlandia orientale e pubblicata su Nature Communications.
Il protossido di azoto viene prodotto nel suolo e ha origine nell’attività microbica. Questo gas serra è un agente riscaldante quasi 300 volte più potente della CO2 e la sua scoperta nel permafrost di Yedoma potrebbe rivelarsi una minaccia a causa della vulnerabilità dei ghiacci nella regione, che è una vasta riserva di carbonio e azoto.
Le emissioni di protossido di azoto legate allo scioglimento del permafrost sono un meccanismo di feedback positivo del riscaldamento globale ancora poco noto, ma potenzialmente significativo per il pianeta. Finora, non ci sono stati sufficienti studi su questo tipo di processo per prevedere gli effetti del suo rilascio sugli ecosistemi artici, pertanto le conseguenze sono ancora sconosciute.
Nel nuovo studio, i ricercatori mostrano le misurazioni delle emissioni di protossido di azoto lungo le rive dei fiumi Lena e Kolyma, dove il rapido disgelo espone il permafrost superficiale di Yedoma, rilasciando grandi quantità di carbonio e azoto per l’attività microbica. Gli scienziati hanno scoperto che le emissioni di N2O derivanti dal disgelo più recente erano inizialmente molto basse, per poi aumentare drasticamente in meno di un decennio, superando di 10-100 volte i valori medi di emissioni nei terreni colpiti.
L’aumento delle emissioni di N2O ha rivelato quindi una correlazione con i cambiamenti nei sedimenti del permafrost in seguito al disgelo e i cambiamenti associati nella comunità microbica attiva nel ciclo dell’azoto nel suolo – i microbi responsabili della produzione di precursori del protossido di azoto (nitrato, ossido nitrico) è aumentata mentre quelli che lo consumano è diminuita.
Generalmente, emissioni elevate di protossido di azoto sono riscontrabili nei terreni agricoli, dove la disponibilità di azoto minerale è elevata a causa della fertilizzazione e altre pratiche indotte dall’attività umana. Ma il ciclo dell’azoto nei terreni artici non era mai stato associato prima d’ora ad un rilascio di N2O significativo, che si è rivelato anzi un fenomeno più comune di quanto si pensasse nei terreni del permafrost colpiti dallo scioglimento legato al cambiamento climatico.
Gli effetti ambientali restano ancora poco chiari, ma secondo Maija Marushchak dell’Università della Finlandia orientale, che ha condotto lo studio, “il rilascio di azoto dallo scongelamento del permafrost può avere importanti conseguenze sulla stabilizzazione del carbonio da parte delle piante e sull’eutrofizzazione dei sistemi idrici”.
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