In 20 anni abbiamo perso 4.000 chilometri quadrati di zone umide

Circa 13.700 km2 sono andati persi o degradati per l’impatto diretto o indiretto delle attività umane.

Lo sviluppo costiero e le attività umane stanno determinando rapidi cambiamenti nelle zone umide a livello globale, con una perdita di circa 4.000 chilometri quadrati e il declino di un’area di 13.700 chilometri quadrati – pari a 75 volte Milano – in appena 20 anni. Lo dice uno studio dell’Università di Cambridge, che evidenzia l’incertezza della capacità di ripristino degli ecosistemi e i processi naturali legati a queste aree a rischio.

L’analisi di oltre un milione di immagini satellitari storiche tra il 1999 e il 2019 mostra una perdita drammatica delle zone umide – paludi, mangrovie e piane di marea – in tutto il mondo. In due decenni, parte della perdita è stata compensata con il ripristino di circa 9.700 km2, con una notevole espansione nel delta del Gange e dell’Amazzonia.

“Il 27% delle perdite e dei guadagni era associato ad attività umane dirette, come la conversione all’agricoltura e il ripristino delle zone umide perdute”, osserva Nicholas Murray, capo del Global Ecology Lab della James Cook University e autore principale dello studio. Tutti gli altri cambiamenti sono stati attribuiti a fattori indiretti come l’impatto antropico sui bacini idrografici, lo sviluppo estensivo della zona costiera, il cedimento costiero, i processi costieri naturali e il cambiamento climatico.

A livello globale, la riduzione delle zone umide costiere si è verificata per tre quarti in Asia, con quasi il 70% concentrato in Indonesia, Cina e Myanmar. L’impatto delle attività umane dirette è stato inferiore in Europa, Africa, Americhe e Oceania, afferma Murray, dove le dinamiche sono state guidate maggiormente da fattori indiretti.

La rigenerazione di nuove aree umide è guidata soprattutto da fattori indiretti, sottolineano i ricercatori, suggerendo che i processi costieri su larga scala hanno un ruolo preminente nella conservazione e nella rigenerazione naturale delle zone umide. “Dobbiamo consentire il movimento e la migrazione delle zone umide costiere per tenere conto del rapido cambiamento globale”, evidenzia Murray. Per fare ciò, è essenziale il monitoraggio su scala globale.

Oggi, più di 1 miliardo di persone vive in zone costiere basse. Oltre ad essere di importanza fondamentale per queste comunità, le zone umide sono essenziali nell’assorbimento di carbonio e spesso rappresentano l’ultimo rifugio per numerose specie animali e vegetali.

Articolo di Erika del 13 Maggio 2022 alle ore 18:07

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