Nuove scosse di assestamento in Cile. La terra trema ancora e il terrore aumenta tra la popolazione. L’ultima di magnitudo più elevata è stata registrata alle 6:10 ( 11:10 ore italiane) di magnitudo 6.4 della scala Richter.
Il bilancio dei morti si aggrava. Almeno 12 di cui 8 identificati, a cui si aggiungono 15 feriti e numerosi dispersi.
Onde di Tsunami fino a 5 m hanno colpito le coste settentrionali, aggravando la situazione provocata già dalla scossa di ieri.
Allarme rientrato invece per le coste californiane e hawaiane per il possibile arrivo dell’onda di Tsunami.
L’ipocentro profondo 20 km secondo l’Istituto di geofica e vulcanologia italiano. La zona del Pacifico è soggetta molto ai movimenti tettonici delle placche, che in questa zona vanno incontro al fenomeno della subduzione. In particolar modo lungo la costa americana, la placca Nazca, la placca Cocos e quella pacifica vanno rispettivamente in subduzione alla placca sudamericana e nordamericana.
Dopo la scossa di terremoto avvenuta ieri, la protezione civile cilena ha subito distribuito tramite sms sui cellulari della popolazione allerta tsunami e sono state così evacuate più di 1 milione di persone.
Lo tsunami ha pero’ raggiunto le coste orientali del Giappone, dove sono finora state osservate onde anomale alte fino a 40 cm nella prefettura di Iwate. La Japan Meteoroglogical Agency ha lanciato in piena notte l’allerta su maremoti di un metro massimo, stimando l’arrivo sulle coste settentrionali di Hokkaido verso le 5 locali (le 22 di ieri in Italia) e le regioni del Tohoku e Kanto nella mezz’ora successiva.
Al momento non ci sono “vittime o feriti di nazionalità italiana”. Lo riferisce su Twitter l’ambasciata italiana a Santiago. L’ambasciata fa sapere che “proseguono le verifiche in raccordo con l’Unità di Crisi e informa i connazionali che “e’ attivo 24 ore su 24.
Un video creato dall’ingv riproduce l’onda anomala creatasi ieri a causa del terremoto. Nel video possiamo vedere come lo Tsunami si propaga in tutta le direzioni dell’oceano Pacifico. Questo è il motivo dello stato di allerta per i Paesi bagnati dalle acque oceaniche.
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